Israele ha colpito di nuovo il fronte nord e quello di Gaza mentre sul terreno aumentano i segnali del costo umano della guerra. Ieri sera caccia israeliani hanno bombardato il sud del Libano dopo aver intimato ai civili di evacuare alcune aree. Secondo l’agenzia ufficiale libanese gli aerei hanno colpito la cittadina di Mahrouna e una casa a Jbaa, mentre l’esercito israeliano ha rivendicato attacchi contro obiettivi di Hezbollah. Mentre i combattimenti proseguono, aumentano anche le manovre diplomatiche. Da Beirut il premier libanese Nawaf Salam ha smentito le parole di Netanyahu, che aveva presentato i recenti contatti come un primo passo verso una normalizzazione. I colloqui nella commissione tripartita con Israele e Unifil, ha chiarito, servono solo a verificare il rispetto del cessate il fuoco del novembre duemilaventiquattro. Beirut continua a chiedere ritiro israeliano dal sud del Libano, fine dei sorvoli, rilascio dei prigionieri e disarmo di Hezbollah.
Gaza, allarme Onu
In parallelo nuovi raid hanno interessato la zona di Khan Younis, nel sud della Striscia. Almeno sei persone sono morte, tra cui due bambini, in un attacco che ha preso di mira un’area dove si trovano sfollati palestinesi. L’episodio è arrivato poche ore dopo la notizia di altri due bambini uccisi da un drone mentre raccoglievano legna per il padre in sedia a rotelle, sempre nella regione di Khan Younis. Il portavoce dell’Onu Stéphane Dujarric ha definito il caso “orribile” e ha chiesto un’indagine, ricordando che è difficile considerare due piccoli di otto e dieci anni una minaccia. Israele sostiene che i minori si erano avvicinati troppo alla cosiddetta “linea gialla” che delimita lo spazio di movimento dei civili. Il bilancio dei bombardamenti a Gaza non si misura solo nei morti ma anche in ciò che rimane sotto le macerie. In due anni, secondo l’agenzia Onu per l’Azione contro le mine, sulla Striscia sono state sganciate circa settantamila tonnellate di esplosivi. Una quota non è esplosa e migliaia di ordigni restano così sparsi tra case, scuole e ospedali, mescolati a milioni di tonnellate di detriti. Quasi tutti gli edifici residenziali risultano danneggiati o distrutti, circa l’ottanta per cento della popolazione vive in tende improvvisate o in mezzo alle rovine e più di quattrocento persone sono già rimaste coinvolte in incidenti legati a ordigni inesplosi. Il rischio è altissimo soprattutto per i bambini che si muovono tra le macerie. In questo quadro, l’Unrwa stima che le condizioni di vita dei due milioni di abitanti siano tornate indietro di oltre venti anni. Dopo mesi di guerra, ha spiegato, la gran parte della popolazione dipende interamente dagli aiuti, che però continuano a entrare con il contagocce. L’agenzia chiede di poter dispiegare tutte le sue risorse per rispondere ai bisogni di Gaza e denuncia che i convogli non possono ancora raggiungere il territorio senza ostacoli.
Identificato ostaggio, ne manca solo uno
Sul dossier ostaggi ieri Israele ha identificato i resti di un prigioniero consegnato nei giorni scorsi dai gruppi armati palestinesi. Si tratta di Sudthisak Rinthalak, bracciante thailandese che lavorava nelle piantagioni del kibbutz Beeri e che era stato ucciso il sette ottobre duemilaventitre. Con questa identificazione resta da recuperare solo il corpo di Ran Gvili, giovane agente della unità di elite Yassam, caduto mentre correva in aiuto dei colleghi nei primi minuti dell’attacco di Hamas. Il suo corpo è ancora trattenuto a Gaza e l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu promette di lavorare “instancabilmente” per riportarlo in patria nell’ambito degli impegni assunti nel piano di cessate il fuoco.
Negoziati, Trump: “fase due vicina”
Da Washington intanto Trump ha rivendicato il buon andamento del suo piano di pace, assicurando che la seconda fase del cessate il fuoco inizierà “molto presto”. Senza indicare date precise, il presidente americano ha parlato di un processo che “procede bene” e ha spinto fino a sostenere che “la pace in Medio Oriente” è già una realtà che molti non vedono, parole che stridono con i racconti quotidiani che arrivano da Gaza e dal Libano. In parallelo il Cairo ha voluto chiarire che il piano presentato da Donald Trump per Gaza non prevede trasferimenti forzati dei residenti. Il portavoce Diaa Rashwan ha ricordato che chi lascia la Striscia mantiene il diritto di rientrare passando dal valico terrestre di Rafah, il cui controllo è regolato da intese tra Egitto, Israele e Autorità palestinese.



