Questa Unione Europea, ha dimostrato molti limiti nella difesa degli interessi europei. Il suo stesso meccanismo di integrazione per steps, si traduce in trattati che vanno ratificati e che impongono regole rigide non in grado di adattarsi ad un mondo in continua mutazione. Pensiamo al divieto degli aiuti di Stato che impedisce politiche industriali strategiche in un mondo dove Cina e USA (pensiamo al progetto Stargate) non hanno di questi tabù. Se l’ Europa e gli Stati Europei vogliono avere un futuro devono recuperare lo spirito dei padri fondatori Schumann, Adenauer, De Gasperi. A farlo deve essere l’ Europa ad ovest dell’ Elba, la vecchia Unione prima dell’ allargamento ad est che è stata un’ operazione in buona fede, ma miope nell’ ottica dell’ integrazione europea.
Allargamento, ombre e benefici
Queste nazioni ad est vengono da secoli di dominazioni (da quella austro-ungarica a quella sovietica) e vivono oggi un momento identitario e sovranista perfettamente comprensibile. Per loro l’ Unione è semplicemente un grande Mercato e ne hanno una percezione puramente economica. Non è mia intenzione semplificare la realtà e di mettere in ombra i benefici — politici, economici, strategici — dell’allargamento del 2004 e degli anni successivi.
Il 18% del Pil mondiale
Tuttavia, la tesi è chiara: per procedere davvero verso l’integrazione politica, forse occorre immaginare forme di cooperazione differenziata, che non obblighino tutti gli Stati membri a muoversi alla stessa velocità. L’ orologio della storia non corre allo stesso modo per tutte le nazioni europee e dobbiamo prenderne atto. L’ Europa oggi complessivamente esprime circa il 18% del PIL mondiale con indicatori però fortemente negativi, nel 1980, l’Europa occidentale da sola aveva una quota PIL del 32,5%. Ovviamente il dato va letto in relazione alla crescita delle nuove economie, come quella cinese. Però è un dato con cui dobbiamo confrontarci.
Una sfida tra superpotenze
Dobbiamo tornare a sognare una Federazione di Stati che affianchi un mercato allargato con i paesi dell’ est, perché è l’ unica forma per avere una soggettività politica, sintesi di interessi diversi, capacità di adattarsi al mutare del mondo anche nelle sue dinamiche economiche e industriali e l’ applicazione del principio di solidarietà. In difetto, persone come me, saranno costrette a continuare a fare da cronista al declino del continente e delle sue nazioni. La cosa più terribile è che per motivi di scala continuerà ad accadere ciò a cui oggi assistiamo, microeconomie costrette a farsi una guerra spietata per le briciole e incapaci di solo pensare di avere un ruolo nelle dinamiche tra le superpotenze esistenti e quelle emergenti.
Un ruolo da riconquistare
Persino la Germania, l’ unica Nazione che potrebbe avere qualche possibilità di esistere nel nuovo mondo, sarebbe sempre troppo piccola e in definitiva vulnerabile alla Geopolitica altrui. Che si condividano o meno le tesi sopra esposte, la riflessione non può sfuggire alla realtà: l’Europa sta affrontando una fase storica in cui il suo peso internazionale è in declino, e la risposta a questa sfida richiede una visione più ampia della semplice cooperazione intergovernativa.



