Nel secolo scorso, lo sviluppo industriale e il progresso tecnologico hanno prodotto indiscutibili benefici, ma anche un grave prezzo ambientale. L’aria, l’acqua e il suolo sono stati oggetto di inquinamento massiccio, mentre la deforestazione, l’estinzione di specie e il cambiamento climatico hanno reso evidente l’urgenza di una risposta collettiva. È in questo contesto che, nel 1972, la Conferenza di Stoccolma ha segnato un punto di svolta: per la prima volta, l’ambiente veniva considerato un bene limitato e vulnerabile, non più una risorsa infinita. Da allora, ha preso forma il diritto internazionale dell’ambiente, volto a coordinare la tutela ecologica con lo sviluppo economico. Inizialmente settoriale e reattivo, il sistema giuridico ha evoluto nel tempo una visione più integrata, mirata alla prevenzione e alla responsabilità condivisa.
Rio, Parigi, Agenda 2030: verso un’azione globale coordinata
La Conferenza di Rio del 1992 ha dato nuovo impulso alla cooperazione internazionale, con l’introduzione dell’Agenda 21 e di due trattati fondamentali: la Convenzione sui cambiamenti climatici e quella sulla biodiversità. Un nuovo approccio olistico ha preso forma, poi consolidato dagli Accordi di Parigi del 2015, che mirano a contenere l’aumento della temperatura globale sotto 1,5°C. Sebbene la partecipazione degli Stati resti volontaria, questi accordi rappresentano una base giuridica comune. Allo stesso modo, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ha definito 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, tra cui spiccano la protezione degli ecosistemi e la lotta al cambiamento climatico. A livello regionale, l’Unione Europea ha assunto un ruolo guida con il Green Deal e il pacchetto “Fit for 55”, mentre la Cina ha fissato traguardi ambientali ambiziosi per il 2060. Tuttavia, la frammentazione normativa e le resistenze geopolitiche rendono l’attuazione disomogenea e incerta.
Le fonti del diritto ambientale: principi, consuetudini e giurisprudenza
Oggi il diritto internazionale dell’ambiente si regge su fonti convenzionali (trattati), norme consuetudinarie e soft law. Tra i principi fondamentali affermatisi vi sono il divieto di inquinamento transfrontaliero, il principio di prevenzione e quello di precauzione. Si aggiungono principi “in divenire” come “chi inquina paga” e lo sviluppo sostenibile, sempre più riconosciuti anche da corti internazionali. Particolarmente rilevanti le recenti sentenze delle corti regionali e internazionali: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha legato l’ambiente ai diritti umani fondamentali; la Corte Interamericana ha riconosciuto il diritto all’ambiente sano come norma imperativa del diritto internazionale. Infine, il parere consultivo del 2025 della Corte Internazionale di Giustizia ha rafforzato l’obbligo giuridico degli Stati di agire per il clima. Questi sviluppi confermano come il diritto ambientale non sia più materia settoriale, ma parte integrante dell’architettura giuridica globale.



