Ieri pomeriggio, durante la conferenza stampa sul volo di rientro dal Libano, Papa Leone XIV ha chiarito la posizione della Santa Sede rispetto alle attuali tensioni globali, ricordando che il Vaticano non prende parte alle strutture militari né ai tavoli della Nato, ma continua a chiedere con insistenza tregua, dialogo e soluzioni diplomatiche ai conflitti in corso, specie per quanto sta accadendo in Ucraina. Il Pontefice ha sottolineato come gli scenari bellici di oggi coinvolgano non solo l’uso delle armi, ma anche la sfera energetica, informatica e produttiva, aggravati dall’arrivo dell’inverno nelle aree più fragili. In questo contesto, ha osservato che le iniziative di pace promosse dagli Stati Uniti necessitano di un ruolo europeo più incisivo e che l’Italia, per tradizione e capacità di mediazione, potrebbe offrire un contributo determinante. Un impegno che, ha detto, la Santa Sede è pronta a sostenere affinché emerga una via credibile verso “una pace giusta e autentica”.
L’appello in Libano
Prima di imbarcarsi per la Roma, ieri Prevost ha concluso il suo primo viaggio apostolico in Turchia e in Libano con un appello diretto alle comunità del Medioriente. Quale? Invitare a “nuovi approcci” capaci di spezzare la mentalità della vendetta e della violenza. L’intervento, pronunciato al termine della Messa sul Beirut Waterfront, è stato il momento finale di una visita segnata da incontri, celebrazioni e tappe significative in un Paese attraversato da crisi politiche, economiche e sociali. Il Pontefice ha ricordato che la regione vive un lungo periodo di tensioni e instabilità e ha esortato i cristiani del Levante a mantenere impegno e perseveranza anche quando i risultati dei loro sforzi sembrano tardare: “Guardiamo al Signore che viene”, le sue parole, prima di ricordare la necessità di continuare a percorrere vie di convivenza e collaborazione. Nel suo appello il Santo Padre ha insistito sulla responsabilità di superare divisioni politiche, sociali e religiose e di costruire relazioni che favoriscano la riconciliazione: “Il Medioriente ha bisogno di atteggiamenti nuovi per rifiutare la logica della vendetta e della violenza. La strada dell’ostilità ha mostrato le sue conseguenze e non può essere considerata una soluzione”.
Il Vescovo di Roma ha rivolto una preghiera per i popoli che soffrono a causa dei conflitti, per una composizione pacifica delle tensioni in Guinea Bissau e per le vittime dell’incendio a Hong Kong. Un riferimento speciale è andato al Libano, Paese che vive una lunga crisi interna: Sua Santità ha chiesto alla comunità internazionale di non sottrarsi al compito di sostenere processi di dialogo, segnalando la necessità di percorsi condivisi che possano contribuire alla stabilità. Ai responsabili politici e sociali ha rivolto un invito diretto: “Ascoltate il grido dei vostri popoli che invocano pace. Mettiamoci tutti al servizio della vita e del bene comune”.
Coltivare la speranza
Durante la Messa Prevost ha richiamato la comunità libanese a coltivare la speranza anche in un contesto difficile. Nella sua omelia, ha citato passi della Scrittura che descrivono il Libano come una terra ricca di simboli e riferimenti biblici, ma oggi segnata da povertà, emigrazione e tensioni. Ha ricordato le vittime dell’esplosione al porto di Beirut e le famiglie che da anni attendono chiarimenti sulla dinamica dell’accaduto. Questa memoria, ha detto, non dovrebbe spingere alla rassegnazione, ma a un impegno condiviso capace di far emergere “piccoli germogli” di speranza.
In mattinata il Papa ha visitato l’ospedale De la Croix a Jal ed Dib, una delle principali strutture del Medioriente per persone con disabilità mentali. Nel saluto agli operatori sanitari e agli assistiti, ha ribadito che “non possiamo dimenticare i più fragili” e che una società che procede a grande velocità senza considerare chi vive situazioni complesse rischia di perdere il senso della cura. Ha ringraziato le Suore Francescane della Croce e il personale per il loro lavoro quotidiano, descrivendo la loro presenza come un segno di attenzione concreta verso chi non può contare sulla propria autonomia. Agli ospiti dell’ospedale ha rivolto parole dirette: “Siete nel cuore di Dio”.
Al termine della visita Leone ha lasciato il Libano sottolineando ciò che ha raccolto nei giorni di permanenza: “Porto con me il dolore e la sete di verità e di giustizia di tante famiglie, di un intero Paese”.



