Il Piano nazionale di ripresa ha stimolato una crescita economica rilevante e favorito un salto occupazionale, ma non è riuscito a frenare l’emorragia di giovani dal Mezzogiorno. A evidenziare luci e ombre è l’ultimo rapporto annuale Svimez, presentato ieri alla Camera dei Deputati. Nonostante i progressi del mercato del lavoro legati al Pnrr, la fuga dei giovani dal Sud prosegue.
Il “capitale umano”
La metà di chi parte è laureata, alimentando quella che l’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno definisce una vera e propria “trappola del capitale umano”: il Sud forma competenze che poi generano crescita e innovazione altrove. La perdita economica stimata derivante dalla migrazione dei laureati è di circa 8 miliardi di euro l’anno.
Combinazione di fattori positivi
Il Pil meridionale è aumentato dell’8,5%, contro il +5,8% del Centro-Nord. Un divario che segna una discontinuità rispetto ai precedenti cicli economici e che nasce da una combinazione di fattori favorevoli: la minore esposizione dell’industria del Sud agli shock globali, il ciclo edilizio particolarmente espansivo sostenuto prima dagli incentivi e poi dal Pnrr, la chiusura della programmazione europea 2014-2020 e la forte ripresa del turismo e dei servizi.
Settori, chi cresce di più
Tra i settori, sono proprio le costruzioni a trainare la crescita: +32% nel Mezzogiorno contro il +24% registrato nel Centro-Nord. Ma il contributo decisivo arriva dal terziario, che cresce del 7,8% nel Sud (7,3% nel Centro-Nord) e beneficia dell’espansione delle attività finanziarie, immobiliari, professionali e scientifiche attivate dalla nuova progettualità pubblica e privata legata al Piano nazionale di ripresa.
Salto dí agroalimentare e industria
Significativo anche l’andamento dell’industria: mentre nel Centro-Nord il valore aggiunto cala del 2,8%, nel Mezzogiorno aumenta del 5,7%. È la manifattura a fare la differenza, con un +13,6% trainato dalla domanda dell’edilizia e dalla buona performance dell’agroalimentare (+13,1%). Al contrario, il modello export-led del Nord mostra crepe legate al caro energia, alla debolezza della domanda tedesca e alle difficoltà dei settori energivori e della subfornitura.
L’effetto espansivo
Il Pnrr continua a svolgere un ruolo determinante. Tra 2023 e 2024 il suo effetto espansivo è stimato in circa 0,9 punti di Pil per il Centro-Nord e 1,1 per il Mezzogiorno, contribuendo a evitare la stagnazione dell’economia italiana. Le previsioni mostrano però un rallentamento nei prossimi anni: l’Italia crescerà dello 0,5% nel 2025, dello 0,7% nel 2026 e dello 0,8% nel 2027. Il Sud dovrebbe continuare a fare meglio nel biennio 2025-2026 (+0,7% e +0,9% contro +0,5% e +0,6%), grazie al completamento dei cantieri Pnrr. Nel 2027, però, con il rallentamento degli investimenti pubblici e la ripresa dell’export, il Centro-Nord tornerà a crescere più del Mezzogiorno (+0,9% a +0,6%).
Sotto la soglia di dignità
Nel Mezzogiorno, inoltre, 1,2 milioni di lavoratori vivono sotto la soglia della dignità, rappresentando metà dei lavoratori poveri italiani. Tra il 2021 e il 2025 i salari reali sono diminuiti del 10,2% e la povertà lavorativa colpisce il 19,4% degli occupati, contro il 6,9% del Centro-Nord.
Dati negativi e positivi
Persistono anche gravi criticità legate al diritto alla casa. In città come Palermo e Messina oltre il 20% del patrimonio abitativo risulta inutilizzato, segno di un diffuso abbandono e di una scarsa attrattività urbana.
Il quadro, pur contraddittorio, mostra però anche elementi positivi: la regione si distingue, insieme a Puglia e Campania, per la capacità di ottenere autorizzazioni agli investimenti nell’ambito della Zona Economica Speciale Unica.
Resta però un nodo centrale: la crescita economica, se non accompagnata da lavoro di qualità e servizi sociali adeguati, non basta a trattenere le persone. Il diritto a restare rimane un miraggio; partire è ancora una necessità più che una scelta.
Il caso Sicilia
La Sicilia, pur registrando segnali di crescita economica, continua a perdere i suoi giovani talenti. È infatti la regione con il più alto tasso di emigrazione giovanile del Mezzogiorno. Tra il 2022 e il 2024 ben 44.303 siciliani tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato l’isola: 32.122 si sono trasferiti verso il Centro-Nord e 12.181 all’estero.



