Davvero siamo alla vigilia della costituzione di un nuovo ordine internazionale guidato dalla Cina? Cosa si nasconde dietro i proclami che vengono da Pechino e dai suoi accoliti e che intonano l’inno funebre dell’Occidente?
C’è poco da essere ottimisti.
Sul piano economico il modello che si vorrebbe opporre a quello occidentale in realtà si basa proprio sul capitalismo che Pechino ha imparato e importato proprio dall’Occidente adattandolo alla struttura centralistica del suo potere. Quindi quale contrapposizione?
Sul piano della democrazia e delle libertà, se si eccettuano l’India e il Brasile, il modello che la Cina propone, insieme a Russia e Corea del Nord, Iran e Turchia e altri è l’autocrazia, il potere assoluto che conferisce ad un uomo solo al comando i pieni poteri, negando il diritto al dissenso, alle libertà personali e ad una partecipazione democratica non manipolata dall’alto.
E questo sarebbe l’allettante progetto politico economico di cui la Cina vuol essere capofila? E quali sarebbero le virtù di questo modello rispetto all’odiato modello occidentale?
In realtà a Xi interessa ben altro: la costruzione di una coalizione egemonizzata dalla Cina che, forte della sua potenza economica e militare, vuole mettere sotto la sua ala protettrice una serie di Stati sparsi geograficamente nel mondo. Ala protettrice che significa espandere la sfera di influenza cinese usando tutti gli strumenti, innanzitutto quelli commerciali e forse anche monetari, ma anche quelli militari esibiti in pompa magna nella sfilata in piazza Tienanmen.
Insomma la Cina vuol costruire un suo imperialismo per sostituirlo a al ruolo esercitato dagli Stati Uniti.
Qualcuno potrebbe dire: che male c’è se un imperialismo si sostituisce ad un altro?
Intanto quello americano rispetto all’Europa non è stato imperialismo.



