Sarà stato il caldo dell’estate romana, sarà stato che ancora si presume che gli altri siano disposti ad accettare tutto, ma la nascita della Fondazione della DC, che è avvenuta venerdì 12 luglio nella sala della Regina della Camera dei Deputati, non è stato proprio un esaltante spettacolo di stile.
Rocco Buttiglione, uno dei fondatori della FDC è arrivato all’appuntamento con più di mezz’ora di ritardo lasciando così, da solo, il cofondatore Gianfranco Rotondi, che prendendo la parola ha aperto i lavori argomentando un progetto che nelle premesse si è proposto bene ma che nella forma ci ha delusi. Non è bastato neppure l’aplomb ed il bell’intervento di Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera di Forza Italia e padrona di casa, a recuperare il clamoroso ritardo.
Rotondi ha esordito dicendo che “la cultura non è di moda” e l’intervento della Gelmini ha sottolineato che occorre, in questo momento, proporre agli italiani un nuovo patto sociale e dare una nuova speranza. Il contratto di potere M5S e Lega sta portando i contraenti a far vedere il loro vero volto e a evidenziare le incolmabili differenze, ha continuato.
Secondo la capogruppo alla Camera non c’è più tempo per non dare risposta alla vera questione italiana: il lavoro. A Salvini si può dare ancora fiducia ma occorre ridisegnare i confini di un luogo politico di centro che in questo momento sembra essersi disperso dentro un astensionismo sempre più dilagante.
Nessuno ha più nostalgia della DC ma i suoi valori non possono andare dispersi, abbiamo il dovere di salvaguardarli e modernizzarli disseminandoli nuovamente, perché non possiamo rassegnarci ai populismi e non capire che il futuro è popolarista.
Anche Verderame ha evidenziato che le ideologie non sono sparite ma solo cambiate. Ha ricordato la marcia dei 40.000 di Mirafiori ed ha auspicato il ritorno al primato della politica.
Salvini non ha la forza per prendersi tutto lo spazio che occupavano i cattolici. I cattolici sono indipendenti e si collocano dove vogliono, a prescindere. I cattolici vogliono fare una precisa scelta valoriale seguendo chi merita di rappresentarli.