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Fibercop contro lo Stato: aiuti illegittimi a Open Fiber? Il nodo concorrenza sulla rete italiana arriva in UE

domenica, 2 Novembre 2025
1 minuto di lettura

La segnalazione presentata da Fibercop alla Commissione europea contro lo Stato italiano apre un fronte delicato e tutt’altro che tecnico: in gioco non vi è soltanto una presunta violazione delle regole sugli aiuti di Stato, ma la sovranità industriale del nostro Paese su una delle infrastrutture più strategiche del XXI secolo, la rete a banda ultralarga.

Fibercop, controllata dal fondo americano KKR con una partecipazione statale del 16% attraverso il Ministero dell’Economia, ha accusato il governo italiano di aver concesso vantaggi selettivi e non notificati alla rivale Open Fiber, controllata a sua volta da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e dal fondo australiano Macquarie. Secondo la denuncia, si tratterebbe di circa 4,5 miliardi di euro in sovvenzioni, proroghe di concessioni, garanzie pubbliche e deroghe sanzionatorie: misure che, se confermate, altererebbero pesantemente l’equilibrio del mercato nazionale della fibra.

Bruxelles dovrà ora valutare se tali interventi siano giustificabili come supporto alla digitalizzazione nelle cosiddette “aree bianche”, dove gli investimenti privati risultano non remunerativi, o se si configuri una distorsione della concorrenza in violazione dell’art. 107 del TFUE.

La vicenda si innesta in un contesto già teso: il governo punta da tempo alla creazione di una rete unica, controllata dallo Stato, per evitare la frammentazione degli investimenti e accelerare la copertura digitale del Paese. Una strategia che, per quanto ambiziosa, rischia di sfociare in un dirigismo miope se non accompagnata da trasparenza e rispetto delle regole di mercato.

Il fondo KKR, che ha investito 19 miliardi per il controllo della rete TIM, guarda con preoccupazione a una fusione forzata con Open Fiber: l’operazione, secondo l’accordo iniziale, attiverebbe un esborso aggiuntivo fino a 2,5 miliardi. Ma soprattutto, segnerebbe un pericoloso precedente: lo Stato, in qualità di regolatore, arbitro e concorrente, non può alterare le condizioni del mercato secondo convenienza politica.

Nel mezzo, TIM osserva da spettatore interessato, mentre l’agenzia Moody’s ha già lanciato l’allarme sui rischi dell’operazione per la sostenibilità finanziaria di Fibercop. La questione, perciò, non è solo industriale, ma giuridica e culturale: l’interventismo pubblico, se scollegato dal principio di neutralità della concorrenza, rischia di compromettere la fiducia degli investitori e la credibilità del nostro Paese in Europa.

La Commissione europea ha ora l’occasione – e il dovere – di chiarire se lo Stato italiano stia realmente forzando le regole per salvare una partecipata in difficoltà. L’infrastruttura digitale non è un giocattolo politico: è un asset strategico che merita regole certe, eque e liberali.

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