Si è chiuso senza variazioni il terzo trimestre del 2025 per l’economia italiana. Secondo i dati diffusi ieri dall’Istat, il prodotto interno lordo (Pil), corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti. Rispetto allo stesso periodo del 2024, la crescita è invece dello 0,4%.
Nel comunicato ufficiale, l’Istituto nazionale di statistica precisa che la cosiddetta “crescita acquisita” per l’intero anno è pari allo 0,5%. Si tratta della percentuale che l’Italia otterrebbe anche se nell’ultimo trimestre il Pil restasse fermo. Un dato che coincide esattamente con la previsione del governo contenuta nella Nota di aggiornamento del Documento di programmazione economico-finanziaria, dove la crescita per il 2025 era stimata allo 0,5%.
Un passo indietro per capire meglio
Il Pil, ossia il valore complessivo di tutti i beni e i servizi prodotti nel Paese, è considerato il principale indicatore dello stato di salute dell’economia. Quando l’Istat parla di “dati destagionalizzati” si riferisce a numeri corretti per tener conto delle differenze legate ai mesi o alle stagioni, come il turismo estivo o i rallentamenti invernali. L’indicazione “tendenziale”, invece, mette a confronto lo stesso periodo di due anni diversi.
Una fotografia di stabilità
Il risultato diffuso ieri mostra dunque un’economia che non arretra ma nemmeno accelera. Secondo gli analisti, il dato riflette una combinazione di domanda interna debole e scambi internazionali ancora lenti. La produzione industriale, pur non in calo marcato, non sembra aver dato un contributo significativo, mentre i servizi restano sostenuti soprattutto dal turismo e dalla spesa legata agli eventi.
Confronto con gli altri Paesi europei
Il quadro italiano si inserisce in un contesto europeo di crescita moderata. In Francia il Pil è salito dello 0,5% nel trimestre, in linea con le previsioni. In Germania, invece, la crescita è rimasta stazionaria sul trimestre ma ha registrato un +0,3% rispetto all’anno precedente. Le tre principali economie dell’Eurozona mostrano quindi un andamento simile, segnato da un generale rallentamento dopo i mesi di ripresa seguiti alla pandemia e all’inflazione.
I segnali che arrivano dai mercati
Gli osservatori economici sottolineano che il rallentamento della crescita italiana era atteso, anche a causa del calo della fiducia di famiglie e imprese. I tassi d’interesse ancora alti hanno frenato i consumi e gli investimenti, mentre il costo dell’energia, pur ridotto rispetto ai picchi del 2023, continua a incidere sui margini delle aziende. Dall’altro lato, il mercato del lavoro resta stabile, con un tasso di occupazione che, secondo le ultime rilevazioni, si mantiene vicino ai massimi storici.
Le parole del governo
Fonti del Ministero dell’Economia hanno commentato che “il dato conferma la solidità della traiettoria di crescita prevista dal Dpfp”, aggiungendo che “la tenuta dei conti pubblici e il sostegno agli investimenti restano priorità”. Nei prossimi mesi, il governo punta a consolidare i segnali positivi provenienti dal settore delle costruzioni e dalle esportazioni verso mercati extraeuropei.
Le prospettive per la fine dell’anno
Per raggiungere una crescita superiore allo 0,5%, l’Italia dovrebbe registrare un aumento del Pil nell’ultimo trimestre. Gli economisti ritengono che ciò dipenderà in gran parte dall’andamento dei consumi natalizi, dal recupero degli investimenti e dall’evoluzione delle condizioni internazionali. Una eventuale riduzione dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, attesa da molti analisti, potrebbe favorire una ripresa più ampia nel 2026.
 
				
 
             
            


 
                