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Inflazione ferma a settembre, cala il commercio con l’estero

In Italia i prezzi restano sostanzialmente stabili, mentre il commercio estero segna un rallentamento dovuto al calo delle esportazioni verso i Paesi extra UE
venerdì, 17 Ottobre 2025
2 minuti di lettura

Si è chiuso con una sostanziale stabilità dei prezzi al consumo il mese di settembre 2025. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) è diminuito dello 0,2 % rispetto ad agosto e aumentato dell’1,6 % su base annua. Si conferma dunque la stima preliminare, che indicava un’inflazione stabile dopo i rallentamenti estivi.

L’istituto di statistica spiega che la leggera flessione mensile è dovuta soprattutto alla riduzione dei costi dei servizi di trasporto e dei prodotti alimentari lavorati, parzialmente compensata da un lieve aumento dei prezzi degli alimentari freschi. L’inflazione acquisita per il 2025, ossia quella che si registrerebbe se i prezzi restassero invariati fino a fine anno, è pari a +1,7 %.

L’andamento dei prezzi

Il differenziale tra beni e servizi si riduce leggermente. I beni mostrano una crescita tendenziale dello 0,7 %, mentre i servizi rallentano al 2,6 %. Questo significa che il costo della vita continua a essere influenzato più dai servizi che dai beni di consumo, ma con un divario che tende ad attenuarsi.

Nel cosiddetto “carrello della spesa”, che comprende beni alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona, i prezzi crescono del 3,2 %, un dato in lieve calo rispetto al 3,4 % di agosto. Aumentano invece i prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto, come frutta e pane, che salgono dal 2,3 % al 2,7 %.

Inflazione di fondo e indice armonizzato

L’inflazione di fondo, che esclude le componenti più volatili come energia e alimentari freschi, scende dal 2,1 % al 2,0 %. Anche l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, utilizzato per i confronti a livello europeo, segna una crescita dell’1,8 % su base annua e dell’1,3 % rispetto al mese precedente, in parte per effetto della fine dei saldi estivi.

Prezzi all’importazione in calo

Parallelamente ai dati sull’inflazione, l’Istat ha diffuso il rapporto relativo al commercio estero e ai prezzi all’import di agosto 2025. Le esportazioni italiane calano del 2,7 % rispetto a luglio, mentre le importazioni scendono del 3,7 %.

Nel confronto annuo, l’export diminuisce dell’1,1 % e l’import del 3,0 %. I prezzi all’importazione registrano un calo dello 0,6 % su base mensile e del 3,0 % su base annua, confermando una tendenza deflattiva legata soprattutto alla riduzione dei costi delle materie prime.

Le dinamiche geografiche

L’Istat evidenzia che la flessione delle esportazioni è dovuta principalmente alla contrazione delle vendite verso i Paesi extra UE, scese del 7,7 %. Al contrario, le esportazioni verso i Paesi dell’Unione Europea crescono del 2,1 %.

Su base tendenziale, si segnalano incrementi significativi verso Francia (+20,6 %), Spagna (+9,4 %), Paesi Bassi (+13,5 %), Regno Unito (+7,3 %) e Belgio (+8,8 %), mentre si registra un forte calo verso gli Stati Uniti (−21,1 %).

Il saldo commerciale

Il mese di agosto si chiude con un avanzo commerciale di circa 2 miliardi di euro, in miglioramento rispetto al saldo negativo registrato nello stesso mese del 2024. Anche il deficit energetico si riduce, passando da 4,1 a 3,4 miliardi di euro, grazie al calo dei prezzi internazionali dell’energia.

L’Istat rileva inoltre che, nel trimestre giugno-agosto, le esportazioni aumentano dell’1,2 % rispetto ai tre mesi precedenti, mentre le importazioni flettono dello 0,3 %. Il saldo complessivo resta dunque positivo, pur in un contesto di rallentamento generale della domanda internazionale.

Implicazioni per famiglie e imprese

Per le famiglie, la stabilità dei prezzi conferma una fase di moderazione dell’inflazione, dopo le forti impennate registrate tra il 2022 e il 2023. I rincari più contenuti nei beni alimentari e la riduzione dei costi energetici contribuiscono a mantenere invariato il potere d’acquisto.

Per le imprese, il calo dei prezzi all’importazione può alleggerire i costi di produzione, soprattutto nei settori che dipendono dall’acquisto di materie prime dall’estero. Tuttavia, la contrazione delle esportazioni verso i mercati extra europei riflette una domanda esterna ancora debole, in particolare negli Stati Uniti e in alcune economie emergenti.

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