La burocrazia resta uno dei principali freni allo sviluppo delle imprese italiane. Secondo il rapporto realizzato da Conflavoro in collaborazione con la Luiss Business School, il 93% delle aziende ritiene che leggi, regolamentazioni e adempimenti amministrativi abbiano un impatto problematico sulle loro attività. Di queste, quasi la metà (48%) lo considera significativamente negativo, con effetti diretti e indiretti sui costi di gestione. L’indagine, condotta su un campione di 650 imprese attive nei settori manifattura, costruzioni, commercio, turismo e servizi, delinea un tessuto produttivo in larga parte composto da micro e piccole imprese che si sente schiacciato dal peso delle regole e dei procedimenti amministrativi. Il 43% delle imprese denuncia perdita di tempo e scoraggiamento imprenditoriale, mentre quasi una su cinque (18%) segnala una minore propensione a investire. Per evitare nuove difficoltà burocratiche, una su quattro (25%) preferisce addirittura limitare la propria crescita. Alla radice del problema, per il 48% delle aziende, c’è la mancata attuazione delle norme più che la loro assenza. Non manca però una certa autocritica: il 40% degli intervistati ammette che la complessità normativa è dovuta anche al comportamento delle imprese che operano “nell’area grigia”, contribuendo così a generare un sistema di regole sempre più rigide.
Tra le principali difficoltà segnalate dalle aziende figurano la concorrenza sleale (20%), la lunghezza dei processi (15%) e l’imprevedibilità dei controlli (4%). Preoccupano anche la scarsa efficienza e competenza del personale pubblico (19%) e la poca chiarezza sulle responsabilità dei funzionari (13%). Nel complesso emerge un quadro di Pubblica Amministrazione percepita come lenta, disorganizzata e scarsamente orientata al servizio delle imprese, con ricadute concrete sulla produttività e sulla competitività del sistema economico.
Digitalizzazione: segnali di fiducia
Un dato più incoraggiante arriva però dal fronte digitale: il 39% delle imprese giudica positivamente i sistemi digitali della PaA, considerandoli efficienti e facilmente utilizzabili. La semplificazione, quando funziona, viene riconosciuta e apprezzata. Non a caso, la richiesta più diffusa — condivisa dal 61% del campione — è quella di regole e procedure differenziate per le piccole e medie imprese, in modo da alleggerire gli oneri burocratici rispetto a quelli previsti per le grandi aziende. Il rapporto Conflavoro–Luiss Business School individua alcune linee d’azione per rendere il rapporto tra imprese e Pubblica Amministrazione più efficiente e sostenibile. Tra le misure proposte: ridurre i costi normativi in proporzione alla dimensione aziendale; introdurre compensazioni economiche per le imprese più penalizzate dagli adempimenti; prevedere esenzioni mirate quando i costi della normativa superano i benefici per la collettività; rafforzare la formazione e la responsabilizzazione dei funzionari pubblici per contrastare la cosiddetta “burocrazia difensiva”; coinvolgere maggiormente le associazioni di categoria e proseguire nel processo di digitalizzazione delle procedure.
“Il rapporto — spiega Roberto Capobianco, Presidente di Conflavoro — offre un quadro chiaro di come la Pubblica amministrazione, con i suoi limiti, influisca sull’attività quotidiana delle micro, piccole e medie imprese. Preoccupa che il 93% delle aziende ritenga che leggi e regolamentazioni abbiano un impatto problematico: è un dato pesante, che mostra quanto sia urgente andare oltre le analisi generiche e capire l’origine concreta di queste difficoltà. L’obiettivo, aggiunge Capobianco, deve essere quello di “avvicinare la Pa al mondo produttivo, rendendo le norme più chiare, fluide e funzionali allo sviluppo”.