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Cyber, la nuova frontiera della difesa: “Servono soldati hacker e più investimenti”

martedì, 14 Ottobre 2025
1 minuto di lettura

“Ci troviamo di fronte alla più grande sfida alla sicurezza dalla fine della Seconda guerra mondiale”. La Senatrice Isabella Rauti, Sottosegretario alla Difesa, scandisce l’allarme dal palco del convegno ‘Cybersecurity e cyberwarfare nel settore aerospaziale’, organizzato a Roma dal Centro studi militari aerospaziali Giulio Douhet (CESMA), dall’Associazione Arma Aeronautica – Aviatori d’Italia ETS, dall’Ingegnere Angelo Tofalo (già Sottosegretario alla Difesa), con il patrocinio dell’Aeronautica militare. Al centro, la guerra ibrida “visibile e invisibile”, fatta di attacchi cyber, sabotaggi di sistemi, sottrazioni di informazioni e interferenze malevole che non colpiscono solo la catena difensiva, ma “industria, sanità, trasporti e comunicazioni”: “Parliamo di servizi essenziali e funzioni vitali per ogni Stato e, soprattutto, per la vita dei cittadini: il quotidiano di una nazione”. Per Rauti non è più sufficiente proteggere i confini fisici: occorre “presidiare spazi nuovi e complessi — dominio cibernetico, aerospazio e infrastrutture critiche — dove si gioca la nuova competizione globale”.
Sul piano normativo, il Sottosegretario sollecita un’evoluzione dell’architettura istituzionale: in Parlamento sono state presentate proposte per attribuire alle Forze Armate la possibilità di intervenire nel cyberspazio anche in tempo di pace, al di fuori di scenari di guerra tradizionale, per proteggere istituzioni, asset strategici e cittadini. Il pacchetto prevede l’arrivo dei cosiddetti “soldati hacker”, “squadre miste composte da militari e tecnici specializzati” chiamate a operare su prevenzione, difesa attiva e risposta agli attacchi.

Capitolo risorse

“La spesa militare è necessaria perché investire in difesa significa investire in sicurezza”, ribadisce Rauti. L’Italia “ha chiesto in prestito 15 miliardi dai finanziamenti diretti del fondo europeo SAFE”, destinati a personale, sistemi d’arma, logistica e reti informatiche. L’obiettivo di portare complessivamente al 5% del Pil le spese per la protezione nazionale — “condiviso con gli Alleati” — sarà spalmato su dieci anni e articolato in 3,5% per la Difesa e 1,5% per la Sicurezza: voci che includono la protezione delle infrastrutture critiche, la difesa delle reti, la promozione dell’innovazione tecnologica, gli investimenti per la cybersecurity e il rafforzamento della base industriale di difesa dell’Alleanza atlantica.
Il messaggio politico è netto: la dimensione cibernetica è ormai teatro operativo al pari di terra, mare, aria e spazio. La risposta — sostiene Rauti — passa da competenze specialistiche, interoperabilità tra strutture civili e militari, aggiornamento continuo delle regole d’ingaggio digitali e finanziamenti stabili. Perché nella guerra ibrida, conclude, “difendersi significa garantire la continuità della vita del Paese”.

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