Le aree con la più alta soddisfazione lavorativa in Italia sono quelle di montagna. È quanto emerge da un’elaborazione dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre sui dati dell’indagine Bes-Istat 2023. Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento e Bolzano guidano la classifica nazionale grazie a un mix di fattori che vanno dalle dimensioni ridotte dei territori alla forte integrazione tra tessuto produttivo e ambiente sociale. In queste aree, la vita lavorativa è spesso legata a piccole e medie imprese radicate nel territorio, capaci di trasmettere valori comunitari, stabilità occupazionale e senso di appartenenza. A livello nazionale, 12,2 milioni di lavoratori italiani, pari al 51,7% del totale, dichiarano di “amare” il proprio lavoro. Valle d’Aosta è in testa con il 61,7% (circa 70mila persone), seguita da Trento con il 61,1% (161mila) e da Bolzano con il 60,5% (170mila). A seguire Umbria (58,2%), Piemonte (57,1%) e Marche (55,4%). Questa classifica mostra come, accanto agli indicatori economici tradizionali, contino sempre più la qualità ambientale e la dimensione territoriale: territori piccoli, con basso impatto ambientale e forte identità culturale, creano condizioni favorevoli a un rapporto positivo con il lavoro.
Il divario con il Mezzogiorno
Nella parte bassa della graduatoria spiccano le regioni meridionali, che confermano un ritardo strutturale. Calabria, Basilicata e Campania occupano gli ultimi tre posti con livelli di soddisfazione rispettivamente del 43,8%, 42,3% e 41,2%. Si tratta di 245mila lavoratori calabresi, 96mila lucani e 681mila campani che dichiarano un basso grado di appagamento per la propria attività. Le cause sono molteplici: precarietà diffusa, lavoro irregolare, bassi salari, difficoltà logistiche e scarse prospettive di carriera. In queste regioni il tasso di occupazione è tra i più bassi d’Italia, attorno al 48%, e la percezione di insicurezza lavorativa è molto elevata, con picchi in Basilicata (8,8%) e Sicilia (6,4%). A ciò si aggiungono criticità infrastrutturali e un minor accesso alle nuove forme di lavoro, come lo smart working, che al Sud resta poco diffuso rispetto al Centro-Nord.
Lombardia prima per benessere aziendale
La Cgia ha poi incrociato dieci sotto indicatori, dal tasso di occupazione alla sicurezza sul lavoro, dal part time involontario alla sovraistruzione, elaborando un indice complessivo di “benessere aziendale” regionale. In questa classifica è la Lombardia a guidare il Paese, seguita da Bolzano, Veneto, Trento, Piemonte e Friuli Venezia Giulia. Sicilia, Basilicata e Calabria chiudono la graduatoria. Alcuni dati rivelano la profondità delle differenze: la Lombardia è la regione con meno lavoratori precari (10,7%), mentre Sicilia, Calabria e Puglia si attestano tra il 25% e il 28%. Il lavoro irregolare tocca il 19,6% in Calabria e il 16,5% in Campania, contro il 7,9% di Bolzano. Il tasso di occupazione è dell’80% a Bolzano ma scende sotto il 50% in gran parte del Mezzogiorno. Le differenze si riflettono anche nella sicurezza: la Lombardia registra il tasso più basso di infortuni mortali e inabilità (7,4 per 10mila occupati), mentre Abruzzo, Basilicata e Umbria superano il 14. L’analisi distingue due dimensioni: la soddisfazione lavorativa, ovvero la percezione soggettiva di felicità legata all’occupazione, e il benessere aziendale, che misura condizioni oggettive e contesto socio-economico. Le regioni alpine ottengono risultati eccellenti in entrambe, mentre nel Sud la distanza tra aspettative e realtà è più ampia. Questa divergenza mette in luce come la qualità del lavoro in Italia non dipenda solo dalla crescita economica ma anche da elementi come coesione sociale, qualità dei servizi, infrastrutture e fiducia nelle istituzioni.



