Giornata convulsa sul fronte mediorientale e nelle aule dell’ONU, tra incidenti militari, appelli alla pace e nuove tensioni diplomatiche. Un drone dell’esercito israeliano si è schiantato ieri all’interno del quartier generale dell’Unifil a Naqoura, nel sud del Libano. Nessun ferito, ma l’episodio è stato definito dall’Unifil una “violazione della risoluzione 1701 e della sovranità libanese”. L’apparecchio, disarmato e dotato soltanto di telecamera, è stato neutralizzato dai genieri. L’esercito israeliano ha confermato la proprietà del drone. Dal podio dell’Assemblea generale a New York, il presidente libanese Joseph Aoun ha chiesto “l’immediata cessazione dell’aggressione israeliana” e il ritiro completo delle truppe israeliane dal Libano. Sempre a New York, numerosi leader hanno rilanciato la necessità della soluzione a due Stati. Per il ministro degli Esteri tedesco Johann Woodpool, “la pace non può essere imposta dall’esterno: deve nascere dai negoziati diretti”. Più netta la posizione sudcoreana: il ministro Cho Hyun ha ribadito che “la soluzione dei due Stati è l’unico percorso realistico”. Papa Leone XIV, lasciando Castel Gandolfo, ha ricordato che la Santa Sede ha già riconosciuto due Stati: “Occorre lavorare su questa strada, anche se oggi manca la volontà di ascolto. Gli Stati Uniti saranno probabilmente gli ultimi a riconoscere la Palestina”. Un monito condiviso dal re di Spagna Felipe VI, che davanti all’Assemblea ha denunciato “la devastazione di Gaza, le vittime civili, la carestia e gli sfollamenti forzati: non possiamo restare in silenzio”.
Flotilla di nuovo sotto attacco
In parallelo, la missione umanitaria diretta a Gaza è stata colpita in acque internazionali al largo di Creta. Secondo gli organizzatori, almeno quindici droni avrebbero sorvolato e attaccato le imbarcazioni con sostanze urticanti e bombe sonore, causando danni materiali a diverse barche. L’eurodeputata Benedetta Scuderi (Avs) ha riferito di colpi sull’albero maestro e la rottura della vela principale: “Ci potevamo fare molto male”.Il deputato Pd Arturo Scotto, anch’egli a bordo, ha parlato di un attacco “illegale” e denunciato “gas urticanti, flashbang e interruzioni delle comunicazioni”. Per Maria Elena Delia, portavoce italiana della Flotilla, “sono state colpite le imbarcazioni di Italia, Inghilterra e Polonia: un vero attacco a tre Paesi”. La Flotilla – 51 navi cariche di aiuti umanitari – ha chiesto all’ONU “una scorta marittima e osservatori diplomatici” per garantire la prosecuzione della missione. L’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani ha domandato un’indagine indipendente sugli attacchi. Israele, da parte sua, ha offerto l’attracco al porto di Ashkelon per trasferire da lì gli aiuti, proposta respinta dagli organizzatori. In Italia il ministro della Difesa Guido Crosetto riferirà oggi in Senato, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sollecitato Gerusalemme a garantire la sicurezza dei cittadini italiani a bordo.
Prese di posizione internazionali
Dalla Cina è arrivato un messaggio chiaro: il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun ha definito i recenti riconoscimenti dello Stato di Palestina “la volontà dominante della comunità internazionale” e ribadito che la soluzione a due Stati resta “l’unica via realistica”. Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, parlando all’Onu, ha giurato che Teheran “non cercherà mai di costruire una bomba nucleare” e ha denunciato i raid congiunti di Usa e Israele come “un’aggressione selvaggia”. Sul fronte economico, il ministro del Petrolio Paknejad ha minimizzato l’impatto delle sanzioni Onu, ricordando che l’Iran convive da anni con misure unilaterali statunitensi. Dal podio Onu si è levata anche la voce del presidente iracheno Abdul Latif Rashid, che ha definito “disumano e vergognoso” il trattamento riservato da Israele ai palestinesi, invocando misure urgenti della comunità internazionale.
Escalation in Siria
Intanto, nuove incursioni israeliane sono state segnalate nel sud-ovest della Siria, nella regione di Qunaytra. Fonti locali e l’Osservatorio siriano per i diritti umani parlano di rastrellamenti e perquisizioni nelle abitazioni civili del villaggio di Saidat al Jawlan.