Era la sera del 23 settembre 1985 quando la camorra spezzò la vita di Giancarlo Siani, cronista del quotidiano ‘Il Mattino’ che a soli 26 anni aveva scelto di raccontare senza paura i traffici dei clan, le loro collusioni con la politica, le ferite di una Napoli soffocata dall’illegalità. Lo aspettarono sotto casa, al Vomero, e lo uccisero perché le sue inchieste avevano osato illuminare zone d’ombra che i boss volevano tenere coperte. Quarant’anni dopo, la sua memoria non è soltanto un ricordo, ma un patrimonio civile che istituzioni, politica e società hanno voluto rinnovare con parole forti, consapevoli che la libertà di stampa è ancora oggi uno dei bersagli più esposti alla violenza. “L’assassinio di Giancarlo Siani è parte incancellabile della storia e della memoria della Repubblica. Uccidere un giornalista è un assassinio delle nostre libertà” ha detto ieri il Capo dello Stato Sergio Mattarella, ponendo l’accento sul valore universale di quel sacrificio. Il Presidente ha ricordato come Siani fosse animato “da un forte senso di giustizia sociale che si nutriva di legalità” e che il suo lavoro di cronista fosse “strettamente legato a valori di umanità e civismo”. Raccontare le attività criminali della camorra, svelarne i conflitti interni e le viltà, significava per Siani tentare di liberare il territorio dall’oppressione delle attività illegali: “Le verità raccontate furono la ragione della spietata rappresaglia”, ha detto Mattarella, facendo presente che il percorso giudiziario, concluso con le condanne di mandanti ed esecutori, mostra come “gli assassini mafiosi possano essere colpiti”.
Le istituzioni unite nel ricordo
Il Presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito Siani “primo cronista ucciso per mano della criminalità organizzata”, sottolineando come il suo sacrificio continui a indicare la strada alle nuove generazioni. Il Presidente della Camera Lorenzo Fontana ha ricordato “la passione civile e l’impegno” del giovane giornalista, “esempio che ispira ancora oggi un contrasto quotidiano alle mafie”. Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosilo ha definito “un uomo simbolo di una lotta instancabile contro la criminalità organizzata e di un impegno che deve ispirare ogni società libera e democratica”. La Senatrice Enza Rando (Pd) ha parlato di una bussola morale: “Il suo sacrificio ci chiede di mantenere la schiena dritta e di credere che verità e giustizia possano prevalere sulla violenza mafiosa”.
Una memoria viva e attuale
Molti hanno sottolineato il legame tra il sacrificio di Siani e le sfide contemporanee. Sandro Ruotolo, responsabile Memoria del Pd, ha parlato della necessità di difendere il giornalismo d’inchiesta oggi insidiato da fake news e campagne d’odio in rete. L’ex Presidente della Camera Roberto Fico ha ricordato il lavoro di memoria portato avanti dai familiari “nelle scuole e tra i ragazzi, per non dimenticare il sacrificio di Giancarlo e dare ulteriore slancio alla lotta contro le mafie”. La Vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno ha evocato la sua Mehari verde come simbolo di una generazione che non si è arresa al silenzio. Per il Deputato Marco Sarracino “la sua immagine e il suo valore devono trasformarsi in un impegno costante contro ogni illegalità”, mentre il Sottosegretario Tullio Ferrante lo ha definito “esempio sempre vivo di rigore morale e libertà”.
L’eredità di un cronista
Il Sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha collegato il ricordo di Siani alle tragedie contemporanee: “Oggi come allora i giornalisti sono i primi ad essere colpiti nei contesti di guerra, da Gaza all’Ucraina. Ricordare Giancarlo significa ricordare il ruolo della stampa nella difesa della democrazia”. Il Presidente del Cnel Renato Brunetta lo ha definito “un faro che illumina il cammino di chi si batte per la libertà di stampa e la giustizia sociale”.