“Dateci il pane, non i monopattini. Il Corona virus è un’invenzione, non esiste, è lo strumento del nuovo regime italiano, servo del nuovo ordine mondiale”. Ormai è un appuntamento meccanico, spontaneo, quasi rituale: alcune migliaia di italiani stanno prendendo l’abitudine di riunirsi in piazza, rispondendo a un ordine istintivo via social, fregandosene degli schemi classici della politica e delle norme anti-assembramento.
Sono commercianti piegati dalla crisi, cittadini imbufaliti, lavoratori disoccupati o in crisi; insomma un mix di tutte le attuali contraddizioni e miserie da post-contagio. Le contestazioni, pur nascendo da molle diverse, hanno di fatto lo stesso obiettivo: reagire agli “incomprensibili” diktat del governo-Conte, opporsi alla “dittatura” della cosiddetta Fase-2, ossia la gestione politica della ripartenza. Che sarebbe per i manifestanti soltanto una prova tecnica di regime futuro.
Sono i gilet arancioni, le mascherine tricolori, che anche sabato scorso hanno manifestato in tutta Italia, da Trento a Milano a Roma. Iniziative che hanno incontrato la dura resistenza delle Forze dell’Ordine, stessa ortodossia (il rispetto delle leggi in vigore), che non è stata riscontrata in occasione di altri assembramenti, quelli dei migranti clandestini, o quelli che hanno riguardato gli afflussi incontrollati di gente per le strade di certe città, fino alle scandalose movide giovanili.
La domanda è: allo stato attuale si può manifestare contro il governo, oppure questa emergenza è la scusa perenne per bloccare, reprimere, ogni libera espressione delle persone? Fino a quando si preferirà il primato del diritto alla salute rispetto alle altre libertà costituzionali? Gerarchia di valori, fondamentale e giustificata, nella Fase-1, ma sospetta e preoccupante nella Fase-2.
I manifestanti, sull’esempio dei gilet gialli francesi, ce l’hanno con Conte, con quel ventaglio di scelte da Grande Fratello, che l’esecutivo, “in accordo con i poteri forti europei e internazionali”, si appresta a fare: app-Immuni, vaccini, i prestiti Ue che si tradurranno in nuove e più pesanti tasse. Vogliono impedire la continuazione di una legislazione direttoriale, senza controllo democratico-parlamentare (si pensi all’uso arbitrario dei Dpdc).
E nel loro ancora embrionale programma propongono (specialmente quello dei gilet arancioni), il voto a Ottobre per ripristinare la democrazia sospesa, l’uscita dall’euro, una moneta italica per distribuire denaro alle famiglie e alle piccole-medie in difficoltà; auspicano politiche veramente pro-made in Italy e una banca pubblica italiana.
Sembra di tornare ai tempi dei primi sovranisti, dei primi populisti, brodo di coltura dove hanno nuotato all’inizio Casa Pound, grillini e Forconi. Legame confermato anche dalla presenza di esponenti di questi movimenti nelle varie manifestazioni (in testa, il generale Pappalardo).
Ma il fenomeno è più ampio e complesso. Nasce e si rafforzerà con la rabbia sociale. E con la consapevolezza che la politica istituzionale non solo non dà le necessarie risposte, ma addirittura sta dall’altra parte della barricata.
Infatti, si è visto con lo spiegamento di Forze dell’Ordine, con la reazione del “partito unico giornalistico” (Repubblica-Corriere-Stampa), la solita demonizzazione e macchiettizzazione ideologica ad arte, il silenzio degli altri e gli inviti indignati da parte dei parlamentari (molti del Pd), e dei sindaci vicini al centro-sinistra e alla maggioranza giallorossa (da Sala a Gori), a fermare le nuove piazze.
E poi, c’è un tema: gilet arancioni, nuovi forconi, mascherine tricolori, danno molto fastidio pure alla Lega e a Fdi, i quali rischiano di essere anticipati e spiazzati proprio da questo nuovo movimento dal basso.
E’ indubbio che in molti dei partecipanti vengano da destra, ma è una destra di popolo ormai delusa dalla destra ufficiale, rea di recitare solo una parte in commedia nel teatrino elettorale della politica, di non aver più molto da dire (debole la sua comunicazione dopo gli annunci di Bruxelles), di essersi istituzionalizzata o perfino di essere contigua al sistema che i suoi capi dicono di combattere. I recenti ammiccamenti di Salvini a Draghi (teorema Giorgetti), il possibilismo europeo della Meloni, non sono piaciuti.
Cosa diranno infatti, il 2 giugno, i due leader del centro-destra, di fronte alle loro platee mobilitate? Avranno due scopi: recuperare terreno nei sondaggi e riassorbire il nuovo populismo-sovranismo2.0.
(Lo_Speciale)