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Incendi record in Europa, bruciata un’area grande come la Basilicata. Italia prima per numero di roghi

venerdì, 12 Settembre 2025
2 minuti di lettura

L’estate 2025 resterà impressa come una delle peggiori degli ultimi decenni sul fronte incendi. Secondo i dati Copernicus, 1.800 roghi hanno devastato l’Europa mediterranea, cancellando una superficie pari a quella della Basilicata: quattro volte più ampia rispetto allo scorso anno e la più estesa degli ultimi vent’anni. A pagare il prezzo più alto sono stati Spagna, Portogallo, Grecia, Italia e i Balcani. In Spagna, in particolare, si è registrata la peggiore annata degli ultimi trent’anni: la media annuale di superficie bruciata è stata superata di oltre cinque volte, complice la più intensa ondata di calore mai registrata nel Paese. Situazione simile in Grecia, dove i danni causati dal fuoco non avevano precedenti da due decenni. In rapporto al territorio nazionale, invece, la tragedia maggiore ha colpito Portogallo e Cipro: il 3% e il 2,3% delle rispettive superfici è andato in fumo.
Nel quadro europeo l’Italia spicca per numero di incendi di vaste dimensioni: ben 532 con estensione superiore ai 30 ettari, in media quasi due al giorno nel corso del 2025. Complessivamente sono andati distrutti 77mila ettari di boschi e campagne, oltre quattro volte la superficie di Milano. Le fiamme hanno colpito soprattutto il Mezzogiorno e, come già negli anni precedenti, oltre la metà dei roghi risulta di origine dolosa.

Vittime, miliardi di danni e CO₂

Gli effetti sono drammatici: distruzione di habitat e biodiversità (spesso in aree protette), evacuazioni di massa, danni a case, infrastrutture e coltivazioni per miliardi di euro. Non mancano le vittime: decine le persone rimaste uccise tra le fiamme. Sul fronte ambientale, l’Europa ha registrato emissioni record: 38 milioni di tonnellate di CO₂ rilasciate in atmosfera, oltre a grandi quantità di polveri sottili (PM2.5), con pesanti ricadute sulla salute pubblica. Il fumo da incendi boschivi, ricordano gli esperti, è responsabile di circa 1,5 milioni di morti l’anno nel mondo.
Il cambiamento climatico è il principale responsabile di questa trasformazione. Ondate di calore sempre più prolungate e siccità improvvise rendono la vegetazione secca e facilmente infiammabile. Secondo uno studio del World Weather Attribution, il riscaldamento globale ha aumentato di 40 volte la probabilità e del 30% l’intensità delle condizioni meteorologiche favorevoli agli incendi. Il Mediterraneo resta una delle aree più vulnerabili al mondo.

Prevenzione in ritardo

Accanto al clima, pesano fattori strutturali: l’abbandono delle aree rurali, che porta all’accumulo di vegetazione combustibile, e l’espansione delle zone di interfaccia tra natura e aree urbanizzate, che moltiplicano i rischi. Le politiche di adattamento non tengono il passo con l’evoluzione degli incendi. “Serve un’azione urgente e coordinata per interrompere il circolo vizioso, con investimenti mirati alla prevenzione”, ammonisce Edoardo Nevola, responsabile Foreste del WWF Italia.
Eppure i numeri raccontano un’altra realtà: secondo Eurostat, i governi europei destinano in media appena lo 0,5% dei bilanci alla protezione contro gli incendi. Spesso i Piani AIB (antincendio boschivo) non sono aggiornati o frammentati tra competenze statali e locali.

Le proposte

Un documento congiunto WWF–BirdLife individua le priorità per invertire la rotta: protezione e ripristino di habitat naturali che possano fungere da barriere naturali al fuoco (come zone umide), gestione forestale più vicina alla natura, pratiche agro-pastorali biologiche per ridurre il combustibile vegetale, e coinvolgimento diretto delle comunità locali.

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