Medici o burocrati? A sciogliere l’interrogatorio è Giuseppina Onotri, segretaria generale del Sindacato medici italiani (Smi), che spiega come: “la verità è che siamo soffocati dalla burocrazia, assorbe ormai il 6o% del nostro lavoro di medici di famiglia”. Entrando nel merito del lavoro del
medico la Onotri spiega: “mediamente su una quarantina di visite che eroghiamo in ambulatorio una trentina sono per rilasciare un certificato di malattia, quando in altri Paesi Europei, in primis Francia e Germania, per i primi giorni basta l’autocertificazione”. Le cose da sbrigare, firmare, timbrare e consegnare sono molte per accedere ai diversi servizi e richieste: certificazioni di invalidità, di infortunio o per la richiesta di ausilio alimenti speciali, piani terapeutici, trascrizioni di prescrizioni specialistiche, prenotazioni prioritarie, moduli da compilare per l’assistenza domiciliare integrata. Servizi che necessitano di specifiche richieste e quindi della burocrazia.
Appello per l’autocertificazione
Nel tentativo di snellire procedure e pratiche il Sindacato medici italiani (Smi) ha lanciato una proposta ai gruppi parlamentari della maggioranza e dell’opposizione una richiesta, sostenuta da 30 mila firme, che prevede di allineare l’Italia all’Europa, introducendo l’autocertificazione per i primi tre giorni di assenza dal lavoro dovuta a malattia. “Sarebbe un modo per sgravarci e avere più tempo da dedicare all’assistenza dei pazienti”, aggiunge Onotri. Malgrado gli auspici le cose tuttavia finora non sono cambiate, carte e timbri spadroneggiano e sottraggono tempo prezioso,
“Il tempo effettivo di visita dei pazienti è pari al 30-35% del totale, il resto è fagocitato dalla burocrazia. Per non parlare di tutti gli adempimenti richiesti per le dimissioni”, osserva Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao, “tra la compilazione delle cartelle dei pazienti, il collegamento sempre lento alle varie piattaforme per eventuali piani terapeutici, la raccolta dei dati, la comunicazione alla direzione sanitaria e se necessario alla Medicina del Lavoro. E l’intelligenza artificiale non è ancora utilizzata per snellire”.
Documenti e contenziosi
A ingarbugliare ancora di più una situazione difficile ed enigmatica per i risvolti anche paradossali tra gli obiettivi di cura e quelli della burocrazia, c’è la messa in atto da parte di alcune Regioni, dei “tempari“, che stabilisce il tempo necessario per una visita. Una scelta che nel principio doveva servire a snellire le file d’attesa nella realtà inciampa con le carte che comunque bisogna riempire. Così anche un timer per le visite non funziona se il tempo effettivo viene fagocitato dagli obblighi burocratici così si torna al problema delle carte da firmare. “Assistiamo a una progressiva burocratizzazione. E va ricordato che i medici devono compilare la documentazione in modo molto preciso anche a fronte di eventuali contenziosi medico-legali”, puntualizza il segretario dell’Anaao Assomed
Il caso dei Piani terapeutici
La burocrazia ha poi dei costi il centro studi di Cgia di Mestre calcola una spesa di 25 miliardi. Per comprendere il peso di tempo e dispendio c’è l’esempio della compilazione dei piani terapeutici. “Il piano”, evidenzia Filippo Anelli, presidente di Fnomceo (Federazione degli Ordini dei medici), “dura solo sei mesi poi devi ripetere tutta la trafila per erogare al paziente il farmaco di cui ha bisogno e che è un suo diritto ricevere. Eppure siamo ancora in attesa dell’approvazione dell’emendamento al disegno di legge sulle prestazioni sanitarie che consentirebbe dopo due annidi non doverlo più rinnovare. E questo significherebbe liberare tempo per cinque milioni di visite specialistiche”.
Infermieri nello stesso labirinto
Stesso discorso per gli infermieri. “La burocrazia”, osserva Barbara Mangiacavalli, presidente di Fnopi, Federazione degli Ordini degli infermieri, “rientra a pieno titolo tra i fattori che determinano le missed care, ovvero le cure infermieristiche mancate conferma Questo con molteplici conseguenze negative sia per i pazienti che per lo stesso personale infermieristico. Per questo è utile prevedere modelli nuovi”, auspica infine Barbara Mangiacavalli, “che contemplino profili amministrativi all’interno dei luoghi di cura e di degenza e al contempo maggiore personale di supporto agli infermieri”.