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Scuola, Fondo Espero: 50mila neoassunti tra docenti e Ata chiamati a scegliere. Anief: “No al silenzio-assenso”

martedì, 2 Settembre 2025
1 minuto di lettura

Con l’avvio ufficiale dell’anno scolastico 2025-26 non ci sono solo lezioni, collegi docenti e procedure burocratiche. Per oltre 50mila neoassunti tra insegnanti e personale Ata c’è anche una decisione che riguarda il loro futuro pensionistico: aderire o meno al Fondo Espero, lo strumento di previdenza complementare dedicato alla scuola. Secondo la nota ministeriale n. 4019 del 18 giugno scorso, il processo di adesione sarà gestito tramite il sistema informativo Sidi e avverrà con il meccanismo del silenzio-assenso: se il lavoratore non comunicherà nulla entro nove mesi dalla notifica, scatterà l’iscrizione automatica. Una modalità che non riguarda solo i neoassunti, ma tutti i dipendenti di ruolo dal 1° gennaio 2019 in poi.

La critica di Anief

Il sindacato Anief contesta la scelta. “La previdenza integrativa deve essere frutto di una decisione libera e consapevole, non di un automatismo”, afferma il Presidente nazionale Marcello Pacifico. “Gli assegni pensionistici saranno sempre più leggeri, ed è giusto pensare per tempo a un’integrazione. Ma l’iscrizione con il silenzio-assenso non ci convince”.
Il sindacato segnala inoltre che eventuali adesioni già espresse in passato non hanno valore: chi non vuole aderire deve manifestare il proprio diniego tramite Istanze on line: “Applicare trattenute in busta paga senza un consenso esplicito è irragionevole e discriminatorio”, denuncia ancora Anief.

Come funziona il fondo

Il Fondo Espero prevede che il lavoratore versi almeno l’1% della retribuzione e l’intero Tfr (per i neoassunti dal 2000 e per i precari). Lo Stato aggiunge un contributo pari a un ulteriore 1% della retribuzione. Le somme vengono poi investite e, al momento del pensionamento, si trasformano in una rendita integrativa. Per esempio, un docente con 1.800 euro netti al mese si vedrebbe trattenere circa 18 euro di contributo volontario, a cui si sommerebbe il contributo del datore di lavoro. Una cifra che nel lungo periodo può crescere, ma che, secondo i critici, non garantisce un ritorno sufficiente a giustificare l’adesione automatica.
Mentre Anief respinge l’accordo, siglato nel novembre 2023 dall’Aran con le sigle storiche, altri sindacati vedono nel fondo una possibilità di integrazione utile, soprattutto in vista delle previsioni poco incoraggianti sulle pensioni future.

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