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Colesterolo e demenza, una scoperta italiana: il bezafibrato riduce i danni cerebrali

mercoledì, 27 Agosto 2025
1 minuto di lettura

Un farmaco comunemente usato per ridurre il colesterolo, il bezafibrato, potrebbe rappresentare una nuova arma contro la demenza frontotemporale, una grave malattia neurodegenerativa ancora senza cure efficaci. La scoperta arriva da uno studio coordinato da Silvia Di Angelantonio, ricercatrice del Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con Paola Bezzi (Sapienza e Università di Losanna). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association. La demenza frontotemporale si manifesta in età relativamente giovane e compromette funzioni fondamentali come il comportamento, il linguaggio e le capacità cognitive. Nelle forme ereditarie, la patologia è spesso legata a mutazioni della proteina tau, che può accumularsi in modo anomalo nel cervello, danneggiando progressivamente i neuroni. Questo processo è alla base anche di altre taupatie, come l’Alzheimer.
Per testare il potenziale terapeutico del bezafibrato, i ricercatori hanno utilizzato organoidi cerebrali, ovvero aggregati tridimensionali di cellule nervose sviluppati in laboratorio, capaci di mimare alcune funzioni del cervello umano. In particolare, gli organoidi sono stati generati a partire da cellule di pazienti con mutazione della tau. Questi modelli hanno riprodotto le principali caratteristiche della malattia: perdita di connessioni tra neuroni, ridotta attività funzionale e accumulo della proteina tau patologica.

“Un possibile impiego anche nelle taupatie”

Il trattamento con bezafibrato ha mostrato risultati incoraggianti: aumento delle connessioni euronali, recupero parziale dell’attività cerebrale e riduzione dell’accumulo della tau alterata.
“Un possibile impiego anche nelle taupatie” “Il bezafibrato si è dimostrato in grado di sostenere lo sviluppo neuronale, riducendo al contempo l’accumulo della tau patologica – ha spiegato Di Angelantonio –. Questi risultati rivelano le vulnerabilità precoci delle taupatie e suggeriscono un potenziale impiego del farmaco, già in uso per altre patologie, anche nel trattamento delle malattie neurodegenerative”. Il gruppo intende ora perfezionare i propri modelli di organoidi cerebrali, includendo anche cellule del sistema immunitario per simulare con maggiore accuratezza il processo di invecchiamento. Parallelamente, verranno adottate tecniche elettrofisiologiche avanzate per studiare più nel dettaglio i meccanismi di comunicazione tra neuroni.
Questo approccio ci guiderà nell’identificazione di nuovi bersagli terapeutici e nello sviluppo di trattamenti efficaci per le devastanti malattie neurodegenerative”, ha concluso la coordinatrice dello studio.
Il progetto, finanziato da PRIN 2022 (TARDIS), Fisa 2023 (ROAD) e dal Ministero della Salute, è stato realizzato in collaborazione con la Sapienza Università di Roma, l’Università di Losanna e il laboratorio congiunto IIT – D-TAils.

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