In una settimana drammatica, almeno 40 persone sono morte in Sudan a causa di una violenta epidemia di colera che sta travolgendo il sistema sanitario già piegato da due anni di guerra civile. Secondo Medici Senza Frontiere (MSF), solo nella regione del Darfur sono stati curati oltre 2.300 pazienti, mentre i centri medici, sovraffollati e privi di risorse, faticano a contenere l’emergenza. La città di Tawila, nel Darfur settentrionale, è diventata l’epicentro della crisi. Qui, centinaia di migliaia di sfollati vivono in condizioni disperate, con appena tre litri d’acqua al giorno a disposizione — meno della metà del minimo raccomandato dall’OMS per sopravvivere. “Non abbiamo servizi igienici, i bambini defecano all’aperto,” ha raccontato una donna rifugiata all’Afp. In uno dei campi, è stato persino trovato un cadavere in un pozzo, poi riutilizzato per mancanza di alternative. La malattia, trasmessa da acqua e cibo contaminati, può uccidere in poche ore se non trattata. E in Sudan, dove i combattimenti bloccano le vie di comunicazione e paralizzano la logistica, la consegna degli aiuti umanitari è quasi impossibile. I convogli restano fermi, le scorte si esauriscono, e la stagione delle piogge minaccia di aggravare ulteriormente la situazione. Secondo l’UNICEF, oltre 640.000 bambini sotto i cinque anni sono a rischio solo nel Nord Darfur. L’OMS ha registrato circa 100.000 casi di colera in tutto il Paese dal luglio 2024, e la malattia si sta diffondendo in ogni stato, alimentata dalla crisi idrica e dalle condizioni igieniche precarie. “La guerra ha distrutto ospedali, strade e pozzi. Ora il colera sta facendo il resto,” ha dichiarato Sylvain Penicaud, coordinatore MSF a Tawila. In Sudan, dove la vita è sospesa tra conflitto e epidemie, la speranza sembra essere diventata un lusso.
