Dopo i recenti episodi di botulino in Calabria e Sardegna, la sicurezza e la qualità degli alimenti tornano al centro dell’attenzione. Un’indagine dell’Istituto superiore di sanità, guidata da Laura Rossi e pubblicata sulla rivista ʼFrontiers in Nutritionʼ, rivela che il consumo di alimenti ultra-processati in Italia è quasi raddoppiato in 15 anni in termini di apporto energetico: dal 12% nel 2005-2006 al 23% nel 2018-2020, pur rappresentando solo il 6% del peso totale degli alimenti consumati. Gli Upf includono bevande zuccherate, snack dolci e salati, carni e pesci trasformati, piatti pronti e altri prodotti industriali con additivi e coloranti. In Italia i più diffusi sono bibite zuccherate, merendine, biscotti, patatine, cioccolatini, conserve di carne e pesce.
L’analisi, condotta su oltre 3.000 adulti e anziani, mostra che gli over 65 – in particolare le donne – seguono diete più equilibrate e hanno migliorato le proprie abitudini (+5,6% Aidgi e +2,8% Wish2.0). Al contrario, tra gli adulti (18-64 anni) si registra un peggioramento (-5,9% Aidgi e -5,1% Wish2.0), con un aumento del consumo di carni rosse, salumi e alimenti voluttuari come snack e alcolici.
Raccomandazioni dellʼIss
Laura Rossi sottolinea che non tutti gli Upf hanno lo stesso impatto sulla salute. Alcuni, come i cereali integrali o le alternative vegetali alla carne, possono associarsi a rischi inferiori rispetto a bevande zuccherate o prodotti animali trasformati. Le indicazioni principali sono: leggere sempre le etichette, scegliere prodotti con meno zuccheri, sale e additivi, preferire alimenti freschi e ridurre gradualmente il consumo di bibite zuccherate. Secondo l’Iss, le linee guida nutrizionali dovrebbero evolvere verso un approccio più sfumato, che valuti la qualità nutrizionale e il contesto culturale, evitando di demonizzare indiscriminatamente il livello di trasformazione, ma promuovendo un uso oculato degli Upf all’interno di una dieta equilibrata.