Piazza San Pietro gremita, sole d’agosto e un messaggio che ha abbracciato tanto la spiritualità quanto l’attualità internazionale. All’Angelus di ieri Papa Leone XIV ha pronunciato parole destinate a far discutere nelle cancellerie di mezzo mondo: “Il mondo rifiuta la guerra e i leader non ignorino i più deboli e il desiderio universale di pace”.
Un’esortazione netta, giunta proprio a pochi giorni dall’80° anniversario dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, ricorrenza che il Pontefice ha voluto legare a un “doveroso rifiuto della guerra come via per la risoluzione dei conflitti”.
“Continuiamo a pregare”, ha aggiunto, “perché si ponga fine alle guerre. Quanti prendono le decisioni, tengano presenti le loro responsabilità per le conseguenze delle loro scelte sulle popolazioni, non ignorino le necessità dei più deboli e il desiderio universale di pace”.
Nelle parole del Santo Padre non solo un richiamo generale, ma anche riferimenti concreti a scenari di crisi. Leone XIV si è congratulato con Armenia e Azerbaigian “per la firma della dichiarazione congiunta di pace” auspicando che “questo evento possa contribuire a una pace stabile e duratura nel Caucaso meridionale”.
Toni diversi per Haiti, dove la situazione umanitaria si aggrava di giorno in giorno. “La situazione della popolazione ad Haiti è sempre più disperata. Si susseguono notizie di omicidi, della tratta di esseri umani”. Da qui un “accorato appello” a tutti i responsabili affinché “tutti gli ostaggi siano liberati” e alla comunità internazionale perché fornisca “sostegno completo” al fine di “permettere agli haitiani di vivere in pace”.
Il contesto internazionale
L’intervento papale è arrivato in un’estate segnata da tensioni globali: la guerra in Ucraina ancora in corso, le tensioni in Medioriente e il riaccendersi di focolai in Africa e America Latina. Il richiamo a un “desiderio universale di pace” sembra voler intercettare un sentimento diffuso tra le popolazioni, anche laddove i governi faticano a trovare accordi.
Nel citare Haiti, Prevost ha messo in luce uno scenario spesso relegato in secondo piano, dove l’instabilità politica e la violenza dei gruppi armati hanno reso il Paese uno dei più insicuri al mondo, con migliaia di sfollati interni e un sistema istituzionale al collasso.
Sul Caucaso, la citazione diretta dell’accordo tra Armenia e Azerbaigian è arrivata dopo anni di scontri per il controllo del Nagorno-Karabakh, con ondate di violenze e migliaia di vittime.
Il Vangelo e il “tesoro della vita”
La riflessione biblica del giorno, tratta dal Vangelo di Luca, ha offerto a Prevost lo spunto per collegare la dimensione spirituale al messaggio di pace. “Gesù ci invita a riflettere su come investire il tesoro della nostra vita. Ci esorta a non tenere per noi i doni che Dio ci ha fatto, ma a impiegarli per il bene degli altri, specialmente di chi ha più bisogno del nostro aiuto”. Non si tratta soltanto di condividere beni materiali, ha precisato il Vescovo di Roma, ma anche “capacità, tempo, affetto, presenza, empatia: tutto ciò che ci rende unici e che, se coltivato e donato, cresce; se trattenuto, si inaridisce e si perde”.
Le opere di misericordia, ha proseguito, sono “la banca più sicura e redditizia dove affidare il tesoro della nostra esistenza”, citando il passo evangelico della vedova che con due spiccioli diventa “la persona più ricca del mondo” e le parole di Sant’Agostino sul dono che trasforma non solo ciò che si dà, ma anche chi lo dà.
Dalla famiglia al lavoro
Con esempi concreti, come una madre che abbraccia i figli, due fidanzati insieme, il Papa ha voluto sottolineare che la ricchezza vera è “l’amore che ci rende re e regine anche senza possedere nulla”. E ha invitato a “non perdere nessuna occasione per amare” in famiglia, nelle comunità, a scuola, sul lavoro. Questa, ha spiegato, è la vigilanza cristiana: “essere attenti, pronti, sensibili gli uni verso gli altri, come Gesù lo è con noi in ogni istante”.
In chiusura, Leone XIV ha affidato a Maria “il desiderio e l’impegno di essere sentinelle di misericordia e di pace” in un mondo attraversato da divisioni, citando San Giovanni Paolo II e l’esempio dei giovani che hanno partecipato al Giubileo.