Il caso Almasri torna a infiammare il dibattito politico-giudiziario nazionale, alimentato da uno scontro istituzionale senza precedenti tra l’Associazione nazionale magistrati e il Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Al centro della polemica, le parole del presidente dell’Anm Cesare Parodi e il ruolo di Giusi Bartolozzi, Capo di Gabinetto del Guardasigilli. Il detonatore è stato un’intervista radiofonica a ‘Radio Anch’io’, dove Parodi, pur senza nominare direttamente la dottoressa Bartolozzi, ha sottolineato che “un eventuale processo avrebbe ricadute politiche”. Tanto è bastato per far esplodere l’irritazione del Ministro, che ha accusato Parodi di un’invasione “impropria e inaccettabile” delle prerogative istituzionali. “Non so come si permetta di citare la mia capo di Gabinetto”, ha dichiarato Nordio, definendo “sconcertanti” le affermazioni del presidente dell’ANM.
Parodi ha subito replicato, chiarendo di “non aver mai fatto riferimento diretto a Bartolozzi”, definendo le parole pronunciate come un “ragionamento generale” e precisando che il nome era stato introdotto dal conduttore della trasmissione. Una rettifica che ha trovato accoglienza tra le fila di Forza Italia, con il Senatore Maurizio Gasparri che ha invitato a “una maggiore cautela nella conduzione giornalistica”.
“Scelta politica condivisa”
Ma la vicenda ha assunto immediatamente una piega politica. L’opposizione accusa l’esecutivo di aver mentito sulla gestione del caso Almasri, che coinvolge tre figure chiave: il Ministro della Giustizia, il Ministro dell’Interno Piantedosi e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano, oggetto di una richiesta di autorizzazione a procedere da parte del tribunale dei ministri. A riaccendere il fuoco è stata la stessa Giorgia Meloni, che sui social ha rivendicato la scelta dell’esecutivo come “una decisione politica di tutela della sicurezza nazionale”. Una presa di posizione che ha generato reazioni polarizzate.
La maggioranza si è stretta attorno ai propri ministri. Il Senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino ha parlato di “legittimità e trasparenza” dell’azione di governo, mentre il Vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ha definito “un non sense giuridico e politico” l’idea che i ministri possano aver agito autonomamente dal Premier. “Se uno è colpevole, lo siamo tutti”, ha detto, evocando un clima da resa dei conti istituzionale.
Opposizione all’attacco
Dall’altra parte le opposizioni affilano le armi. Per Nicola Fratoianni (Avs), il governo ha “violato norme internazionali” per proteggere un “torturatore e stupratore”, mentre Matteo Renzi (Iv) ha definito l’intera gestione “superficiale e schizofrenica”, accusando Mantovano di trasformare i servizi segreti in “una propria milizia privata”. Chiara Appendino (M5S) e Debora Serracchiani (Pd) rincarano la dose, parlando di “regia politica di un depistaggio di Stato” e “autodenuncia gravissima” da parte del Presidente del Consiglio. La Senatrice dem Sandra Zampa ha accusato il governo di aver “disonorato l’Italia” e fornito informazioni false al Parlamento.
Osvaldo Napoli (Azione) prova a riportare la questione sui binari del garantismo: “Il rinvio a giudizio non significa colpevolezza. Ma se i magistrati vogliono far luce su atti ufficiali, non ci devono essere alzate di scudi”.