“Israele non ha alcuna intenzione di uccidere indiscriminatamente. Vogliamo solo vivere in pace e sicurezza”. Con queste parole il Presidente israeliano Isaac Herzog, in una nota diffusa ieri dalla presidenza, si è rivolto al Capo dello Stato Sergio Mattarella, rispondendo ad alcune dichiarazioni sul conflitto a Gaza. Un messaggio che vuole essere chiarificatore, ma che arriva nel pieno della polemica internazionale sulle operazioni israeliane e l’aggravarsi della crisi umanitaria nella Striscia.
Herzog, che ha definito Mattarella “un amico”, ha riconosciuto la brutalità dell’attacco del 7 ottobre e la tragedia degli ostaggi, “50 ancora prigionieri nei tunnel di Hamas, in condizioni disumane”. Ma ha aggiunto: “Israele ha accettato numerosi cessate il fuoco, Hamas li ha respinti. Se volessero davvero un futuro migliore per Gaza, rilascerebbero subito gli ostaggi”. Ha ammesso poi che “in guerra si commettono errori”, ma respinge ogni accusa di violazione del diritto internazionale: “Non siamo indifferenti alla sofferenza dei civili palestinesi. Agiamo nel rispetto del diritto internazionale, a differenza del nostro nemico”. “Israele, ha aggiunto, ha avviato un importante sforzo umanitario” da ampliare con il sostegno dei partner, Italia inclusa.
Ma sul campo, la situazione resta drammatica. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato ieri ha denunciato che almeno 1.373 civili sono stati uccisi a Gaza da maggio mentre cercavano cibo. Secondo testimonianze raccolte da medici europei rientrati dalla Striscia, molti sarebbero stati colpiti alla testa o al torace durante l’attesa per gli aiuti. Il dottor James Smith ha parlato al quotidiano El País di “inferno in terr”» e di famiglie che dormono tutte insieme “per vivere o morire unite”.
Gli Usa studiano un nuovo piano umanitario

Gli Stati Uniti, nel frattempo, cercano di rilanciare una risposta coordinata. L’inviato speciale Steve Witkoff e l’Ambasciatore Mike Huckabee hanno visitato ieri Rafah per raccogliere informazioni e riferire al Presidente Donald Trump, che ha dichiarato: “La gente ha molta fame. Dobbiamo nutrirla”. Il nuovo piano umanitario americano prevede una ristrutturazione della distribuzione degli aiuti e un rafforzamento del coordinamento con Israele. Nessuna apertura, tuttavia, a negoziati parziali con Hamas. Dal canto suo, Hamas ha annunciato di sospendere ogni dialogo finché la crisi umanitaria non sarà risolta. “Trattare mentre la popolazione muore di fame è inutile», ha dichiarato il gruppo. Ma, in un contatto con Reuters, i portavoce hanno aperto a un cessate il fuoco come contesto per discutere la sorte degli ostaggi.
A rompere un altro argine nel dibattito pubblico è stato David Grossman, tra i maggiori scrittori israeliani. In un’intervista a Repubblica, ha affermato: «Per anni ho evitato di usare quella parola, ma ora non posso più trattenermi. È un genocidio». Una dichiarazione durissima da parte di una delle coscienze critiche dello Stato ebraico, che segna un nuovo spartiacque nella discussione interna.
Berlino e Bruxelles: più aiuti
Sul fronte diplomatico Germania e Francia hanno rilanciato l’iniziativa umanitaria. Il Ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha annunciato nuovi aiuti per Gaza e la costruzione di un ospedale da campo a Gaza City, invitando Israele a collaborare nuovamente con le Nazioni Unite. Berlino ha parlato di “isolamento crescente” di Israele, provocando la dura reazione del ministro della Sicurezza israeliano Ben Gvir, che ha accusato la Germania di “flirtare con il nazismo”. Anche l’Unione Europea ha annunciato un finanziamento da 22 milioni di euro per sostenere i sei ospedali di Gerusalemme Est, che accolgono pazienti anche da Gaza e Cisgiordania. Il contributo dell’Italia sarà di un milione di euro. L’intervento rientra nel pacchetto da 1,6 miliardi per la resilienza palestinese.