mercoledì, 30 Luglio, 2025
Esteri

Gaza: 78 morti ieri, appello dell’ANP: “Hamas deponga le armi e si ritiri”

Il premier palestinese all'Onu: “Fine dell’occupazione, due Stati e pace con Israele”. Sa'ar: "Uno Stato palestinese sarebbe lo Stato di Hamas". Italia invia 110 tonnellte di aiuti con Food for Gaza

Mentre la crisi umanitaria nella Striscia di Gaza precipita verso lo scenario peggiore, la diplomazia internazionale tenta una difficile mediazione tra Israele e Hamas. Ieri, secondo fonti sanitarie locali, almeno 78 palestinesi sono stati uccisi in attacchi israeliani, tra cui una donna incinta il cui neonato è morto poco dopo essere venuto alla luce. In molti sono stati colpiti mentre cercavano cibo. A lanciare un appello forte per uscire dalla spirale di violenza è stato il premier dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mohammad Mustafa, intervenuto all’ONU: “Israele deve ritirarsi completamente da Gaza e Hamas deve deporre le armi e cedere il controllo del territorio all’ANP”.

Il discorso è arrivato nel contesto della conferenza internazionale sulla soluzione dei due Stati, co-sponsorizzata da Francia e Arabia Saudita e presieduta a New York da 50 ministri e rappresentanti di 125 paesi. Ma da Israele la risposta è tutt’altro che conciliante. Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha dichiarato che “oggi uno Stato palestinese significherebbe uno Stato di Hamas, uno Stato jihadista. Non accadrà”. Ha poi accusato la comunità internazionale di voler “imporre a Israele un’entità terroristica alle sue porte”, paragonando la situazione all’annessione dei Sudeti nella Cecoslovacchia del 1938.

“Israele non sarà la Cecoslovacchia del XXI secolo”, ha detto. Sa’ar ha anche riferito che le pressioni internazionali per il cessate il fuoco avrebbero irrigidito Hamas, rendendo più difficile il rilascio degli ostaggi. Nel frattempo, secondo la stampa israeliana, se Hamas non accetterà una tregua, il governo Netanyahu sarebbe pronto ad annettere parti di Gaza, con un piano già delineato e la creazione di un’amministrazione speciale per i territori occupati.

Emergenza alimentare

Sul terreno, l’emergenza alimentare ha ormai superato ogni soglia. L’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) ha lanciato l’allarme: “Il peggiore scenario di carestia è già in atto a Gaza”, con la prospettiva di “morte diffusa” senza un intervento immediato. A rafforzare l’allarme, una nota congiunta di PAM e UNICEF avverte: “Non resta molto tempo per organizzare una risposta umanitaria su larga scala. La popolazione sta già morendo di fame e malnutrizione. Servono oltre 62.000 tonnellate di aiuti ogni mese, ne entra solo una minima parte”.

Proprio per questo la Germania ha annunciato che oggi due aerei partiranno dalla Giordania per lanciare aiuti sulla Striscia. “È solo una goccia, ma invia un segnale”, ha dichiarato il cancelliere Friedrich Merz, che ha anche annunciato una missione diplomatica congiunta dei ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito e Germania in Israele la prossima settimana.

Italia invia 110 tonnellate di aiuti

Aiuti umanitari Food for Gaza
Aiuti umanitari Food for Gaza

Anche l’Italia, con l’iniziativa Food for Gaza, ha inviato oltre 110 tonnellate di aiuti, coordinando l’azione con ONU, Croce Rossa e autorità locali. Ma la pressione cresce: 58 ex ambasciatori dell’Unione Europea hanno inviato una lettera alla Commissione Ue chiedendo la sospensione del commercio con Israele, l’interruzione delle forniture di armi e l’adozione di sanzioni contro i membri del governo Netanyahu. “Stiamo assistendo a crimini atroci. È ora di agire”, scrivono.

Arabia Saudita: normalizzazione solo con Stato Palestinese

Faisal bin Farhan, Ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita
Faisal bin Farhan, Ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita

Sul fronte politico, anche l’Arabia Saudita ha ribadito la propria posizione: “Nessuna normalizzazione con Israele senza uno Stato palestinese”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Faisal bin Farhan. Una linea condivisa dalla Francia, che chiede all’Unione Europea di esercitare pressioni concrete su Israele affinché accetti la soluzione dei due Stati. “Le parole non bastano più”, ha detto il ministro Barrot all’ONU.

Vittime civili

Intanto, le vittime civili continuano a salire. Ieri nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia, almeno 30 palestinesi – tra cui donne e bambini – sono stati uccisi nei raid notturni. Secondo Al Jazeera, il bilancio totale dei morti nella sola giornata di ieri è di almeno 62, inclusi 19 civili che stavano cercando aiuti. Nelle ultime ore è stata confermata anche la morte dell’attivista palestinese Odeh Muhammad Hadalin, ucciso a colpi di arma da fuoco da un colono israeliano in Cisgiordania.

Hadalin era noto per la sua collaborazione al docufilm premiato No Other Land, denuncia degli abusi contro la comunità di Masafer Yatta. Le Chiese di Gerusalemme hanno lanciato un appello per fermare le violenze sistematiche dei coloni: “Non si tratta di episodi isolati, ma di un allarmante schema di intimidazioni contro case, luoghi sacri e intere comunità cristiane e musulmane”.

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