mercoledì, 30 Luglio, 2025
Musica

Per Nino D’Angelo sold out anche a Roma. Il perché di tanto successo presto raccontato in un film sulla sua vita

Pubblico in visibilio nella tappa romana del tour di un artista senza tempo, che ha saputo cantare la libertà e l’amore per quasi 50 anni senza mai deludere i suoi fan. A Venezia sarà presentato il docufilm realizzato dal figlio Toni, che racconta questa storia incredibile

Spiegare le ragioni del successo lungo quasi 5 lustri di Nino D’Angelo, che continua a registrare sold out nei suoi concerti in tutta Italia, non è possibile se non le si vanno a ricercare nel suo animo e nei valori che in tanti anni di successi sono comunque rimasti invariati. Proverà a raccontare la storia di questo artista così tanto amato da tutte le generazioni suo figlio Toni nel docu-film “Nino. 18 giorni”, che sarà presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per arrivare nelle sale italiani in autunno.

Anche la recente tappa romana del suo tour estivo, alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, è stato un successo conclamato. “Un sogno che si avvera cantare in Cavea qui a Roma”, ha esordito l’artista in apertura di concerto. “Un sogno che si avvera essere a questo concerto”, è stata l’immediata risposta di un suo giovane fan di 30 anni, che canterà a squarciagola ogni sua canzone. E tutto il pubblico sembra essere d’accordo con lui. Urla di gioia e acclamazioni hanno attraversato tutto l’Auditorium per più di due ore.

Anche noi siamo voluti essere presenti alla ricerca di risposte sul perché Nino piaccia a tutte le età e a tutte le latitudini. Comincio a domandarlo a una famigliola, composta da padre, madre e figlia di 17 anni, vicina a me. “Dall’uscita di “Forza campione” – mi ha risposto il papà – Nino ha rappresentato tutti noi, ragazzi di allora, e quella canzone era un inno al coraggio”. “Perché è una persona pulita – dice, invece, la mamma – e desideriamo che i nostri figli seguano esempi come quello suo, non i tanti modelli negativi che la società odierna propone”.

Intorno a noi un fiume di persone, tantissimi i giovani, molte le bandane colorate sulla testa con la scritta “Nino D’Angelo”. “Vedi quanti giovani? – aggiunge la figlia –. Lui fa canzoni ‘super-sentimentali’, che piacciono anche alla nostra generazione!”. Poco più in là due signore sulla quarantina fanno una video chiamata alla sorella lasciata a Napoli, che, per l’emozione, piange senza riuscire a parlare.

Quando l’artista canta la canzone “Mio caro pubblico” la gente si alza in piedi, la tribuna si trasforma in un abbraccio collettivo, fatto di mani tese verso il palco. “Vo dico co e parole e sta canzone, con questa voglia pazza di cantare, nun date retta a chi ve parle male, nisciune cumme a vuie pe me è carnale”, spiega l’artista al suo pubblico tanto amato, riassumendo in queste poche parole tutta la sua dimensione umana e artistica. Il sentimento che lo lega ai suoi fan è un legame amoroso che non ha mai tradito.

“Nino D’Angelo è un miracolo del popolo – dice di se stesso – e il popolo quando si unisce è più forte di ogni cosa. Guagliò siete voi che dovete cambiare il mondo!”. Poi, mentre sullo schermo montato alle sue spalle appare il ritratto del ragazzo col caschetto biondo degli Anni ‘80, Nino racconta dei suoi esordi, rivolgendosi a quel ragazzino “senza giacca e cravatta”, innamorato di una bellissima ragazza co “nu jeans e na maglietta”, oggi sua moglie, conquistando tutti per la grazia con cui lo fa.

Ed ecco dunque, le risposte che cercavamo, di questa quasi venerazione da parte di chi è accorso anche nella Capitale ad ascoltarlo. Il fatto che sia stato capace di nutrire i propri sogni senza mai perdere l’integrità morale, senza vendersi o barattare la dignità, sempre fedele alle sue umili origini. È quello che le persone vanno davvero ricercando, al di là delle mode e degli influencer. È proprio l’innocenza di quel ragazzino col caschetto biondo che lui dice di portare sempre dentro di sé, che è parte imprescindibile del suo processo creativo, in cui artista e uomo si fondono insieme. Una grande fede nell’amore lo porta sia a creare un legame lungo 46 anni con l’amata moglie sia a scrivere canzoni “super-sentimentali”, che sanno dare voce al bisogno di credere e appartenere a un mondo bello e pulito da parte di tanti giovani di ogni età.

È un artista che ama circondarsi solo di persone vere, a cominciare da tutto il suo staff, ed è sempre pronto a regalare un sorriso a chi abbia voglia di incontrarlo. Lo regala anche a me quando vado nel suo camerino prima del concerto “I Miei Meravigliosi Anni ‘80”. E quell’affettuoso buffetto che mi fa sulla guancia mi certifica che non è solo finzione scenica l’abbraccio che rivolge al “suo popolo” quando allarga le braccia correndo sul palco.

In altre parole Nino D’Angelo si ribella alle mode che cercano di spingere il mondo a desiderare solo l’effimero, spesso consumato in totale solitudine. L’altro ingrediente fondamentale che lo rende non solo amabile, ma anche esemplare agli occhi del pubblico è il profondo e immutato rispetto per le proprie origini. Una fedeltà verso se stessi e la propria storia, che lui ha saputo travasare sia nella famiglia sia nell’arte. È uno stato mentale, che forse oggi può essere considerato addirittura rivoluzionario, perché indubbiamente controtendenza.

“Quanta strada aggio fatto
Pe saglì sta furtuna
Senza giacca e cravatta accussì so’venuto
Mmiez’e facce’mportante
C’hanno tuccato’a luna
Guardo areto ogni tanto pe’capì addò so’ghiuto”

Poi, Nino siede al pianoforte e inizia a suonare “Pe mme tu si”, canzone struggente sul valore della persona amata. Sulla platea scende un silenzio commosso, un fascio di luce alla mia destra mi induce a voltarmi, un ragazzo sta chiedendo alla ragazza di sposarlo, lei accetta, molti restano incantati, alcuni esultano. Scene che fanno bene agli occhi e al cuore.

Per due ore e mezzo Nino D’Angelo trasforma il palco in un caleidoscopio di emozioni che passano da lui al pubblico, senza interruzioni, senza mai fare una pausa, senza bere un bicchiere d’acqua, mostrando, anche qui, una tempra fortissima. Bravissimi anche i musicisti e la vocalist che lo accompagnano, mentre il pubblico continua ad alzarsi dalle sedie e ad accalcarsi sotto il palco per stringere le sue mani. Una coppia gli passa in braccio il proprio bambino in fasce, quasi a chiedere una benedizione. Nino lo stringe, lo alza verso il cielo, lo bacia e lo restituisce alle braccia paterne.

Impossibile allora non pensare alle parole di “Vedrai”, con cui è stato aperto il concerto:

“E gia’te veco e correre
Pe stanze appriparà
A pappa po criaturo
Ca se sbatte e vo mangia
Na casa piccerella
Io che torno a faticà
Nu lietto tre cuscini
N’miezo a nuie s’adda cuccà
E nun te preoccupà
Pe genitori siente a me
Vedrai che pochi giorni
Tutto il male passerà
Diventeranno nonni
E tutto poi si aggiusterà
Vedrai che questa stella brillerà”

Amore, semplicità, libertà e soprattutto speranza. Ecco svelati gli arcani di tanto successo. Che in fondo altro non è che il mito americano che ritorna, “se ci è riuscito lui ce la posso fare anche io”, il tutto però condito dal sole di Napoli sempre nel cuore.

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