Nonostante l’accordo di cessate il fuoco “immediato e incondizionato” siglato lunedì a Putrajaya, in Malesia, tra i primi ministri di Thailandia e Cambogia, le ostilità lungo il confine conteso tra i due Paesi sono riprese con intensità già nelle prime ore di martedì. Secondo fonti ufficiali thailandesi, nella zona di Phu Makua e Sam Taet si sono verificati nuovi scambi di colpi d’artiglieria, attribuiti alle forze cambogiane. Il vice-portavoce militare Ritcha Suksuwanon ha denunciato “una chiara violazione dell’accordo” da parte di Phnom Penh, sottolineando come gli scontri siano proseguiti nonostante l’entrata in vigore della tregua. La Cambogia, dal canto suo, accusa Bangkok di aver intensificato le operazioni militari, estendendo l’offensiva nell’entroterra con l’impiego di caccia F-16 e bombe a grappolo, colpendo anche obiettivi civili. Il bilancio delle vittime è salito a oltre 30 morti, mentre gli sfollati superano le 300.000 unità. L’accordo, raggiunto grazie alla mediazione della Malaysia e con il supporto di Stati Uniti e Cina, prevedeva l’attivazione di un meccanismo bilaterale per monitorare il rispetto della tregua. Tuttavia, la mancanza di un sistema di verifica efficace ha reso fragile l’intesa, già minata da rivalità storiche e dispute territoriali irrisolte, come quella sul tempio di Preah Vihear. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’escalation, temendo ripercussioni sulla stabilità regionale e sul turismo. Intanto, le autorità thailandesi hanno annunciato nuovi colloqui di pace in programma nei prossimi giorni, ma il clima resta teso e incerto.