Con la sentenza n. 132, depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 579 del codice penale – relativo all’omicidio del consenziente – sollevate dal Tribunale di Firenze in riferimento agli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. Il caso era stato sollevato nel contesto di un procedimento avviato da una persona affetta da sclerosi multipla, che, pur rientrando nei requisiti stabiliti dalla sentenza 242 del 2019 per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, non è in grado di procedere all’auto somministrazione del farmaco letale a causa della totale perdita dell’uso degli arti. L’ostacolo tecnico è rappresentato dalla mancanza di dispositivi compatibili con lo stato avanzato della malattia: strumenti come pompe infusionali attivabili con comandi vocali o oculari non sarebbero, secondo il giudice fiorentino, disponibili sul mercato.
Per questo motivo, il tribunale ha chiesto alla Consulta di valutare la costituzionalità della punibilità del terzo che, in presenza di tutti i presupposti per il suicidio assistito, somministri il farmaco a un paziente impossibilitato ad agire in autonomia.
“Mancano approfondimenti adeguati”
La Corte ha ritenuto le questioni non ammissibili, sottolineando che il giudice rimettente non ha motivato in modo sufficiente sulla effettiva irreperibilità dei dispositivi tecnici necessari. In particolare, l’ordinanza si è basata soltanto su una comunicazione informale dell’azienda sanitaria locale, riferita a “semplici ricerche di mercato” di una struttura territoriale, senza aver consultato organismi tecnico-scientifici nazionali come l’Istituto superiore di sanità. La Consulta precisa che, qualora dispositivi idonei fossero reperibili in tempi compatibili con la sofferenza della paziente, quest’ultima “avrebbe diritto ad avvalersene” nell’ambito della procedura prevista.
La sentenza riconosce che la persona che si trovi nelle condizioni indicate dalla sentenza 242 del 2019 possiede una situazione soggettiva tutelata, come proiezione della propria libertà di autodeterminazione. In questo senso, ha diritto ad essere accompagnata dal Servizio sanitario nazionale nel percorso di suicidio assistito.
Nessuna valutazione sul merito
Questo diritto, spiega la Corte, include anche il reperimento degli strumenti idonei, se esistenti, e il supporto nell’uso degli stessi. Il Servizio sanitario è dunque chiamato a esercitare un “ruolo di garanzia”, che costituisce “presidio delle persone più fragili”. La decisione della Corte non entra nel merito della legittimità costituzionale dell’articolo 579, ma si limita a sospendere il giudizio per mancanza di istruttoria tecnica sufficiente.