Le eccellenze ci sono, le buone intenzioni anche. Ma per molti cittadini pugliesi la sanità pubblica resta una corsa a ostacoli. Lunghe liste d’attesa, carenza cronica di personale e differenze territoriali marcate disegnano un quadro complesso, dove le punte di eccellenza convivono con gravi criticità. In questo scenario, la costruzione del nuovo Ospedale San Cataldo di Taranto rappresenta la scommessa più ambiziosa della Regione per voltare pagina.
Attese snervanti
Il nodo delle liste d’attesa continua a condizionare pesantemente l’accesso ai servizi. Nonostante la Puglia abbia attivato un portale trasparente per monitorare le tempistiche, nella pratica quotidiana i cittadini si scontrano con mesi di attesa per una risonanza magnetica, un’ecografia, una visita cardiologica o neurologica.
Secondo dati aggiornati dell’ASL Bari, una visita endocrinologica o pneumologica può richiedere dai 60 ai 180 giorni. Le prestazioni in classe “D” (differibile entro 30 giorni) raramente rispettano i tempi stabiliti, e quelle “P” (programmabili) slittano facilmente oltre i tre mesi.
In molti si rivolgono al privato, chi può permetterselo. Chi no, semplicemente rinuncia a curarsi.
E se le prestazioni urgenti vengono garantite, il resto si muove a rilento, complice una macchina amministrativa appesantita e reparti sovraccarichi. La provincia di Taranto è tra le più colpite. L’Ospedale SS. Annunziata, principale struttura locale, è sovraccarico e con infrastrutture obsolete. Per una risonanza magnetica si può attendere anche fino a 8-10 mesi, costringendo molti pazienti a spostarsi altrove.
La carenza di medici specialisti e tecnici è grave, penalizzando anziani e malati cronici che necessitano di controlli regolari. In quartieri periferici come Tamburi o Paolo VI, la sanità territoriale è praticamente assente, con ambulatori aperti solo pochi giorni alla settimana. Queste lunghe attese aggravano inoltre le disuguaglianze sociali, colpendo maggiormente le famiglie più fragili, anche a causa dell’impatto ambientale locale.
Ospedali a due velocità
Il Policlinico di Bari e l’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti sono i due volti della sanità pugliese che funziona. Il Miulli, in particolare, è un centro accreditato ad alta specializzazione, noto per l’impiego di tecnologie all’avanguardia come la chirurgia robotica Hugo. Accoglie pazienti da tutta la regione (e anche da fuori) ed è attivo anche in fascia serale e nei weekend per alcune prestazioni a pagamento.
Tuttavia, il Miulli ha vissuto momenti critici sul fronte della sostenibilità economica: nel 2023 ha sospeso temporaneamente le visite per pazienti extra-regione, a causa del superamento del tetto di spesa previsto dai fondi regionali. Un campanello d’allarme che mostra come nemmeno l’eccellenza possa reggere senza una programmazione stabile.
San Cataldo
Mentre il presente arranca, lo sguardo della Regione Puglia è puntato su un’opera simbolo del rilancio del sistema sanitario: l’Ospedale San Cataldo di Taranto. In costruzione dal 2019, con fondi regionali e statali, l’ospedale rappresenta uno dei progetti sanitari più ambiziosi del Sud Italia.
Con oltre 700 posti letto previsti, strutture all’avanguardia e un’organizzazione pensata per accogliere la didattica universitaria, il San Cataldo dovrebbe diventare un polo ospedaliero di riferimento non solo per Taranto, ma per l’intero versante jonico.
Il cronoprogramma ufficiale indica che l’apertura dovrebbe avvenire entro il 2026, ma non mancano ritardi e complicazioni burocratiche. I cittadini aspettano con speranza, anche perché il vecchio ospedale SS. Annunziata fatica da anni a rispondere alle esigenze della popolazione locale, aggravate dall’inquinamento industriale che incide sulla salute pubblica.
Le altre sfide
Oltre alle grandi strutture ospedaliere, la Regione punta sul PNRR per sviluppare un modello di sanità più vicino al territorio: Case della Comunità, Ospedali di Comunità e rafforzamento dell’assistenza domiciliare. Una strategia importante, ma che rischia di restare sulla carta senza un rafforzamento del personale.
Mancano medici, mancano infermieri, mancano tecnici. Le assunzioni tardano, i concorsi non coprono i fabbisogni reali, e molti professionisti emigrano verso nord o verso il privato.
La sanità in Puglia è in bilico tra quello che è e quello che potrebbe essere. Ha ospedali di prestigio, medici preparati e un piano strategico ambizioso. Ma ha anche cittadini stanchi, che aspettano mesi per un’ecografia, e reparti di pronto soccorso che lavorano al limite.
Il futuro passa da cantieri come quello del San Cataldo e da presidi virtuosi come il Miulli, ma soprattutto da una volontà politica chiara: ridurre le disuguaglianze, accorciare le attese, mettere al centro le persone. Perché una sanità moderna non è solo questione di edifici, ma di diritti reali, garantiti a tutti.