Una nuova ondata di violenza ha colpito il confine tra Thailandia e Cambogia, dove scontri armati hanno provocato almeno nove morti e decine di feriti tra civili e militari. Le ostilità, esplose all’alba nei pressi del tempio di Ta Muen Thom, hanno riacceso una disputa territoriale mai del tutto sopita, aggravando una crisi diplomatica già in corso. Secondo fonti ufficiali thailandesi, le forze cambogiane avrebbero aperto il fuoco per prime, colpendo aree residenziali, un ospedale e una stazione di servizio nella provincia di Surin. In risposta, l’esercito thailandese ha lanciato raid aerei con caccia F-16 contro obiettivi militari cambogiani. Le autorità hanno evacuato oltre 40.000 civili da 86 villaggi lungo il confine. La Cambogia respinge le accuse e sostiene di aver agito per legittima difesa, denunciando l’uso di droni e bombardamenti da parte di Bangkok. Il Ministero della Difesa cambogiano ha condannato “l’aggressione brutale e irresponsabile” della Thailandia, mentre il governo thailandese ha definito “inumano” l’attacco con razzi BM-21 su zone civili. La Thailandia ha richiamato il proprio ambasciatore da Phnom Penh e ha espulso i diplomatici cambogiani, mentre la Cambogia ha risposto ritirando i suoi rappresentanti e ordinando la chiusura di tutti i valichi di frontiera. Il clima è teso e le relazioni bilaterali sono ai minimi storici. La disputa riguarda l’area dell’Emerald Triangle, dove si incontrano i confini di Thailandia, Cambogia e Laos, e che ospita antichi templi khmer. Il conflitto, già esploso in passato, si è riacceso a maggio con la morte di un soldato cambogiano e il ferimento di cinque militari thailandesi a causa di mine antiuomo. La comunità internazionale osserva con preoccupazione. Il rischio di escalation è concreto, e la speranza è che prevalga il dialogo prima che il confine si trasformi in una linea di guerra.