domenica, 20 Luglio, 2025
Esteri

Ucraina: 300 droni in una notte, raid su Odessa e Dnipro. Putin, impegno a trovare soluzione al conflitto

Zelensky, più di 300 droni e oltre 30 missili sull'Ucraina. Media, possibile vertice Xi-Trump-Putin a Pechino a settembre. Ma Mosca dice di essere all'oscuro di questa possibilità

La guerra in Ucraina continua con un’intensità feroce, mentre i leader mondiali discutono – tra ambiguità e smentite – ipotesi di vertici diplomatici per porre fine al conflitto. Nella notte tra venerdì e sabato, la città portuale di Odessa è stata colpita da un massiccio attacco di droni. Il sindaco Gennadiy Trukhanov ha confermato la morte di una persona e ingenti danni a edifici residenziali. I droni, almeno una ventina secondo le autorità locali, hanno innescato incendi e distrutto infrastrutture civili. Contemporaneamente, Pavlograd, nella regione di Dnipropetrovsk, ha subito quello che il governatore Sergiy Lysak ha definito “l’attacco più massiccio mai registrato sulla città”, con danni estesi a edifici industriali, una caserma dei vigili del fuoco e un palazzo di cinque piani. Anche Zaporizhzhia e Poltava sono state bersaglio di raid, mentre a Donetsk, nella città di Kostiantynivka, cinque civili hanno perso la vita. Altri due sono morti a Vasylkivska, dove un missile ha distrutto una scuola, un ambulatorio e una struttura culturale. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato un’ondata di attacchi “senza precedenti”: più di 300 droni e oltre 30 missili lanciati contro l’Ucraina in una sola notte. Dieci le regioni colpite. “Ci sono ancora droni in volo”, ha scritto Zelensky su Telegram. “I nostri soldati hanno reagito eroicamente, ma la minaccia resta concreta”. La controffensiva ucraina non si è fatta attendere. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato di aver abbattuto 71 droni ucraini in nove regioni della Federazione, tra cui Mosca, Rostov, Bryansk e Kaluga. Alcuni erano diretti verso la capitale. È il secondo giorno consecutivo in cui Mosca rivendica l’intercettazione di decine di droni nemici.

Putin a Erdogan: “Pronti a soluzione politica”

Malgrado l’intensificarsi del conflitto, da Mosca arrivano segnali – almeno verbali – di apertura. In una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il leader del Cremlino Vladimir Putin ha ribadito la sua “determinazione a cercare una soluzione politica e diplomatica del conflitto”, ringraziando Ankara per l’impegno nei colloqui di Istanbul. Erdogan ha confermato la disponibilità della Turchia a ospitare nuovi negoziati. Nel frattempo, i media internazionali rilanciano la notizia – non confermata da Mosca – di un possibile vertice a tre tra Xi Jinping, Donald Trump e Putin a Pechino, previsto per settembre. Un incontro che, se confermato, potrebbe aprire scenari inediti.

Parolin: “Mediazione difficile, Santa Sede è pronta”

Anche il Vaticano ribadisce il suo impegno diplomatico. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha dichiarato in un’intervista a Tg2 Post che la Santa Sede resta disponibile a mediare, anche se “la mediazione può funzionare solo se accettata da entrambe le parti”. Parolin ha aggiunto che, al momento, “è molto difficile fare ulteriori passi concreti”, considerando il fallimento dei precedenti tentativi.

Zelensky ringrazia la Norvegia

Intanto, il presidente ucraino ha reso noto di aver avuto un colloquio con il premier norvegese Jonas Gahr Store, ringraziandolo per il sostegno alla difesa aerea e per la disponibilità a collaborare in vista dell’inverno. Zelensky ha insistito sulla necessità di rafforzare la pressione sanzionatoria contro la Russia, coinvolgendo sia l’Unione Europea che i partner del G7.

Washington conferma nuovi aiuti: priorità a Berlino per i Patriot

La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato ieri a larga maggioranza la riconferma degli aiuti militari all’Ucraina. Parallelamente, secondo il Wall Street Journal, l’amministrazione Trump ha deciso di ridistribuire le forniture di sistemi di difesa Patriot, mettendo la Germania in cima alla lista dei destinatari. Questo consentirà a Berlino di trasferire rapidamente i suoi sistemi all’Ucraina, in cambio di un rapido rifornimento dagli Stati Uniti. La mossa punta a velocizzare il supporto a Kiev, ma evidenzia anche le difficoltà dell’industria militare occidentale nel tenere il passo con le richieste sempre più urgenti.

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