sabato, 19 Luglio, 2025
Attualità

Mattarella: “Contro le mafie nessuna distrazione degli Stati”

Nel 35esimo anniversario della strage di via D’Amelio il Presidente richiama le istituzioni: occorrono unità e determinazione. Frassinetti: “Falcone e Borsellino modelli per i giovani”. Rampelli: “La mafia cambia pelle, ma non i suoi metodi”

Ieri, nel messaggio inviato a Palermo in occasione della commemorazione della strage di via D’Amelio (oggi ricorre il 35esimo anniversario) Sergio Mattarella ha rivolto un appello chiaro: “Agli Stati non sono consentite distrazioni nella lotta alle mafie”. A trentatré anni dall’attentato che costò la vita a Paolo Borsellino e ai cinque agenti della sua scorta, il Capo dello Stato ha voluto quindi riaffermare la centralità della battaglia contro la criminalità organizzata come fondamento dello Stato di diritto. Il 19 luglio 1992, in via D’Amelio a Palermo, la mafia colpì con inaudita violenza il Paese. L’attentato, messo in atto con un’autobomba contenente oltre 100 chili di esplosivo, uccise il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Una strage che ferì nel profondo la Repubblica e lasciò un segno indelebile nella storia italiana. Le sei vittime di quel giorno rappresentano un esempio di dedizione estrema alla legalità e di coraggio civile.

Nel suo messaggio indirizzato al Procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Giovanni Melillo, Mattarella ha posto l’accento sulla necessità di un’azione coordinata, incisiva e globale contro la minaccia criminale: “La sfida della criminalità transnazionale è sempre più pervasiva e alla risposta degli Stati non sono consentite né distrazione né irresolutezza. Ne va della salute e del futuro delle nostre comunità”. Un monito che, a giudizio del Quirinale, investe non soltanto le istituzioni italiane ma anche i governi stranieri, in un contesto dove le mafie si riorganizzano, si globalizzano e si mimetizzano.

Cooperazione internazionale

Il Presidente della Repubblica ha sottolineato l’importanza di rafforzare la cooperazione internazionale superando “particolarismi e inappropriatezze”. L’efficacia nella repressione della criminalità passa, infatti, per un sistema istituzionale armonizzato che promuova un coordinamento reale tra le diverse giurisdizioni coinvolte. L’evento, che ha riunito magistrati da Europa e America Latina, è stato il contesto ideale per rilanciare l’impegno comune. “L’appassionato lavoro” di Giovanni Falcone e Borsellino “nel difendere strenuamente le istituzioni e i cittadini dalla violenza mafiosa è impresso in maniera indelebile nella coscienza collettiva italiana e internazionale”, ha aggiunto Mattarella, che ha così voluto legare la memoria delle vittime a un’esigenza presente: agire, reagire, non arretrare.

La testimonianza di Borsellino non può rimanere confinata nei cortei del 19 luglio. Deve penetrare le scelte pubbliche, la cultura politica, l’etica dei comportamenti quotidiani. Mattarella, in questo senso, ha indicato la rotta: “La criminalità non è solo un problema locale. Si combatte con la cooperazione internazionale, il rafforzamento delle istituzioni, la determinazione a non cedere mai alla rassegnazione”.

Gli interventi

Il messaggio istituzionale più alto del Paese è arrivato mentre nel mondo politico si sono susseguiti interventi di rilievo. Il Senatore Lucio Malan ha ricordato che il governo ha superato i mille giorni di attività facendo della lotta alle mafie un punto fondamentale della propria agenda. Il capogruppo di Fratelli d’Italia ha indicato il traffico di droga come principale fonte di radicamento delle organizzazioni criminali, richiedendo perciò “determinazione assoluta”. Fabio Rampelli, Vicepresidente della Camera, ha rivendicato le origini della mobilitazione antimafia nella Destra giovanile degli anni Novanta. Ha ricordato come, nel 1992, una pattuglia di 47 parlamentari del Movimento Sociale Italiano votò per Borsellino Presidente della Repubblica. Due mesi dopo, il giudice morì sotto il tritolo di via D’Amelio: “La mafia oggi ha cambiato pelle. Non spara più come allora, ma controlla territori, mercati, interi settori dell’economia”, ha detto Rampelli. “Resta però il metodo mafioso: intimidazioni, minacce, ricatti e la quotidiana sottrazione della libertà individuale”.

La Sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti ha messo in evidenza l’impegno della scuola nella diffusione della cultura della legalità. Le nuove linee guida dell’educazione civica hanno favorito la trattazione del fenomeno mafioso in classe. “Falcone e Borsellino sono modelli di coerenza e coraggio da proporre agli studenti”, le sue parole.

Dalla memoria all’azione

Molti interventi si sono concentrati sull’urgenza di passare dalla memoria all’azione. Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera, ha esortato a parlare di mafia ovunque, proprio come faceva Borsellino dopo l’assassinio di Falcone: “Nel nome di Paolo, parliamo e lottiamo contro la mafia, quella criminale ma anche quella invisibile”, ha detto. Salvo Sallemi, Vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, ha invitato a non accontentarsi delle versioni parziali: “Abbiamo acceso nuove luci su una strage, quella di via D’Amelio, troppo spesso raccontata in modo approssimativo. Oggi a Caltanissetta ci sono 400 faldoni da ordinare. La verità non è ancora piena, ma il nostro impegno continuerà”.

Dall’Associazione nazionale funzionari di polizia è arrivato un richiamo deciso alla necessità di un’azione civile oltre che penale: “Borsellino cercava la verità. Non solo i nomi dei mafiosi, ma le collusioni, le coperture, i silenzi. La memoria, se non diventa azione, rischia di diventare rito”, ha scritto il Segretario Enzo Letizia.

Anche dal sindacato Uil Sicilia è arrivato un messaggio chiaro. Luisella Lionti ha sottolineato il valore della memoria come ponte tra passato e futuro: “Contrastare ogni forma di violenza è oggi priorità assoluta”.

Ferita aperta

L’Italia continua a confrontarsi con quella ferita aperta. Ogni anno, la memoria di quelle sei vite spezzate rinnova l’impegno civile e istituzionale contro la mafia. A ricordarlo è stato anche il Senatore Raoul Russo: “Le lacrime di Manfredi Borsellino, che ha recentemente parlato del senso di abbandono che colpì suo padre, devono interrogarci ancora oggi. Alla memoria dobbiamo unire l’impegno istituzionale, parlamentare e di governo”.

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