Una tragedia scuote l’India orientale: una studentessa universitaria si è tolta la vita dandosi fuoco davanti all’ufficio del rettore del suo college, nella città di Balasore, per protestare contro l’inerzia delle autorità accademiche dopo aver denunciato molestie sessuali da parte di un docente. La giovane, ricoverata in condizioni critiche presso l’ospedale AIIMS di Bhubaneswar, è deceduta lunedì sera a causa delle gravi ustioni riportate. Aveva presentato una denuncia formale all’inizio di luglio, ma secondo fonti locali, nessuna misura era stata adottata contro il professore accusato. Anzi, la vittima avrebbe subito pressioni e minacce per ritirare la denuncia. Il gesto estremo ha scatenato una tempesta politica: i partiti di opposizione accusano il governo statale e la polizia di complicità e omertà. Manifestazioni spontanee sono esplose in diverse città dell’Odisha, chiedendo giustizia e riforme contro la violenza di genere negli ambienti universitari. Il docente è stato arrestato, mentre il rettore dell’istituto è stato sospeso. Il caso ha riacceso il dibattito sulla protezione delle donne nei campus indiani, dove spesso le denunce di molestie vengono ignorate o insabbiate. Secondo attivisti e ONG, la cultura patriarcale e la mancanza di meccanismi di tutela rendono le università luoghi insicuri per molte studentesse. La morte della giovane diventa così simbolo di una lotta più ampia: quella contro il silenzio istituzionale e la cultura dell’impunità. In un Paese dove le vittime di violenza spesso non trovano ascolto, il suo sacrificio potrebbe segnare un punto di svolta. Ma resta da vedere se le istituzioni saranno pronte a raccogliere il grido di dolore che arriva da Balasore.