Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha ordinato l’apertura di un’inchiesta formale sulle accuse di corruzione che coinvolgono il capo della polizia nazionale, in un momento già segnato da scandali istituzionali e crescente sfiducia pubblica. La decisione è arrivata dopo la pubblicazione di documenti riservati da parte della stampa locale, che suggeriscono il coinvolgimento del generale Elias Mawela in appalti truccati e trasferimenti sospetti di fondi pubblici. L’indagine sarà condotta da una commissione indipendente, con poteri di convocazione e accesso a documenti classificati. Ramaphosa ha dichiarato che “la trasparenza è essenziale per la tenuta democratica del Paese”, ribadendo che nessuno, nemmeno ai vertici delle forze dell’ordine, può sottrarsi alla legge. Il caso arriva a pochi mesi dalle elezioni generali, in un clima politico già teso per via delle dimissioni della presidente del Parlamento, Nosiviwe Mapisa-Nqakula, anch’essa coinvolta in un’indagine per corruzione. L’African National Congress, partito al governo, è sotto pressione per dimostrare un reale impegno contro la corruzione sistemica, emersa con forza nel rapporto della commissione Zondo. Il generale Mawela ha negato ogni addebito, dichiarando di voler collaborare con gli investigatori per “ripristinare la fiducia nelle istituzioni”. Tuttavia, l’opposizione ha chiesto la sua sospensione immediata, definendo l’inchiesta “un banco di prova per la credibilità del governo”. La società civile e i media seguono con attenzione gli sviluppi, mentre il Sudafrica si confronta con una delle sue sfide più urgenti: ricostruire la fiducia nelle istituzioni e garantire che la lotta alla corruzione non resti solo una promessa elettorale.
