Il conto alla rovescia è partito: la lettera arrivata da Washington nella giornata di sabato, con la minaccia concreta di dazi al 30% sulle esportazioni europee, ha riacceso le tensioni tra gli Stati membri dell’Unione e acceso uno scontro politico interno che investe il premier Giorgia Meloni e la sua posizione atlantica. Bruxelles, su iniziativa della Presidente Ursula von der Leyen, ha annunciato la sospensione delle contromisure fino all’inizio di agosto, in attesa di una soluzione negoziata. Ma il tempo stringe e il clima si fa pesante. “Siamo pronti a rispondere”, ha chiarito von der Leyen, spiegando che l’approccio europeo resta “a doppio binario”: apertura al dialogo, ma preparazione a misure ritorsive. “Se non si riuscirà a negoziare una soluzione equa, dovremo prendere decise contromisure per proteggere posti di lavoro e imprese in Europa” sono state le parole del Ministro delle Finanze tedesco, Lars Klingbeil (Spd), parlando alla ‘SueddeutscheZeitung’. “La nostra mano resta tesa, ma non ci faremo piacere tutto”, ha aggiunto.
Nel tardo pomeriggio di ieri si è invece concluso il confronto tra gli ambasciatori dei 27 Stati membri dell’Ue, dedicato al dossier dazi e alle contromisure. Secondo quanto riferito da fonti europee, la linea proposta dalla Presidente della Commissione ha ottenuto un ampio supporto politico, compresa la decisione di prorogare la sospensione del primo pacchetto di ritorsioni, che vale quasi 21 miliardi di euro. Un segnale di compattezza che, almeno per ora, rafforza il mandato negoziale di von der Leyen.
Meloni: sostegno al negoziato Ue
Ma il fronte interno italiano è tutto meno che compatto. L’esecutivo Meloni ha espresso sostegno al negoziato europeo, ma al suo interno emergono posizioni divergenti. Da Forza Italia il Vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani tenta di tenere il punto: “Non vogliamo lo scontro con gli Stati Uniti, ma dobbiamo difendere le nostre aziende. La fase di incertezza va chiusa: trattare a testa alta, questo è il nostro obiettivo”. Tajani rivendica anche i risultati della recente conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, definendola la più produttiva di sempre, con 10 miliardi stanziati e 5 miliardi di contratti firmati.
Serve compattezza, ma partono le critiche
La Lega, con il Sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, attacca duramente la Commissione: “È colpa dell’Europa, è colpa di von der Leyen, sostenuta anche dal nostro governo dal 2019 a oggi. Abbiamo distrutto la nostra economia e ora dobbiamo trattare con gli Usa da una posizione di debolezza”. Durigon chiede che von der Leyen faccia un passo indietro e attribuisce al governo Meloni il merito di aver evitato finora una rottura definitiva con Washington. Nel partito azzurro, nonostante le frizioni interne alla maggioranza, prevale una linea di prudenza. La Deputata Isabella De Monte ribadisce che l’unica strada è l’unità europea: “È il momento di trattare a testa alta, ma uniti. Solo così possiamo affrontare l’affronto di Trump”.
Il Capogruppo al Senato Maurizio Gasparri sposta il focus su un altro tema chiave: l’equità fiscale: “Si tassi finalmente chi guadagna miliardi, come le big tech americane, che oggi pagano cifre irrisorie grazie a paradisi fiscali come l’Irlanda. Mentre pensionati e imprese italiane sono schiacciati dal fisco”.
Le opposizioni accendono lo scontro
Durissimo il fuoco di fila dell’opposizione. La Segretaria del Pd Elly Schlein denuncia il fallimento della strategia di Meloni: “Ha bluffato sul suo ruolo di ponte tra Europa e Stati Uniti. Ora si rifugia dietro Bruxelles. Ma è tardi: serve una risposta europea forte, anche colpendo le big tech americane”. Duro anche Giuseppe Conte, leader del M5S: “Le piaggerie verso Trump non sono servite a nulla. Meloni è sparita. Nessun video, nessuna presa di posizione pubblica, mentre 200mila posti di lavoro rischiano di andare persi”. L’ex Premier parla di “genuflessione” e di resa totale agli interessi americani: dal gas Lng più caro alle spese militari, passando per l’esenzione delle multinazionali dalla global tax.
Per Alessandro Zan (Pd) è il momento della verità: “Meloni si assuma la responsabilità, ora che il bluff è caduto. Basta slogan, servono scelte concrete per tutelare le nostre imprese”. E ancora Enrico Borghi, Senatore di Italia viva, parla di “trumpismo dannoso” che isola l’Italia e rompe l’unità europea.
Servono scelte forti e coordinate
Anche i leader centristi non risparmiano critiche. Matteo Renzi denuncia le priorità “fuori fase” del governo: “Mentre la nostra economia è in sofferenza, Meloni regala 55 milioni allo stadio della Fiorentina. E i dazi colpiscono chi produce”. Il Segretario di Azione, Carlo Calenda, chiede una risposta multilaterale: “Serve un fronte con Europa, Giappone, Canada, Corea del Sud. Altrimenti Trump andrà avanti, senza ostacoli”. Dal Partito democratico arriva la richiesta formale: Meloni e Giorgetti vengano in Aula a spiegare la strategia del governo. I Capigruppo Boccia e Braga accusano l’esecutivo di essersi fatto “cogliere impreparato” e chiedono conto delle misure per tutelare imprese e occupazione.
Anche Antonio Misiani, Responsabile economico del partito, affonda: “I dazi non sono sostenibili. Meloni e i suoi ministri ci dicano se intendono continuare a fare da zerbini o se hanno una strategia per difendere l’Italia. Basta rassicurazioni vuote”.
Von der Leyen resiste
La Presidente della Commissione continua a tenere il punto: “Fino al primo agosto negozieremo, ma siamo pronti a reagire”. La linea del “doppio binario” è ribadita anche nel contesto della nuova intesa commerciale con l’Indonesia e del rafforzamento del mercato unico. Ma il messaggio è chiaro: se Trump non arretra, l’Europa risponderà. Per l’Italia resta la sfida più difficile: evitare la guerra commerciale, salvare posti di lavoro e ricucire un fronte politico che appare più diviso che mai.