Palermo, città di luce e ombre, si ritrova oggi a fare i conti con un fenomeno preoccupante e crescente: microbande giovanili che mettono in atto reati e illeciti ai danni del tessuto sociale e commerciale della nostra città. Turisti borseggiati, negozi saccheggiati, attività locali danneggiate. In qualità di consulente alla legalità del Comune di Palermo e presidente del Parlamento della Legalità Internazionale, sento il dovere di alzare la voce, non per puntare il dito, ma per accendere una luce.
Perché è troppo facile fare di tutta l’erba un fascio
Non tutti i giovani imboccano la via della criminalità. Anzi. C’è un esercito silenzioso, ma potente, di ragazze e ragazzi che scelgono la bellezza dell’impegno, della cultura, del servizio. Lo dimostra, con forza, il successo del Seminario di Studi “Beati gli operatori di pace – da don Tonino Bello a Luca Attanasio”, organizzato dalla Facoltà Teologica di Sicilia insieme alla Pontificia Accademia di Teologia. Otto incontri che hanno riempito l’Aula Magna di giovani cuori e menti desiderosi di capire, costruire, sognare.
Da quelle voci, da quei volti, nasce ora anche una pubblicazione: “Nessuno calpesti i nostri sogni – I giovani artigiani di bellezza”. Un titolo che è già una dichiarazione, un grido di speranza e dignità.
Ma proprio quel grido, quando non viene ascoltato, può mutarsi in rabbia, in ribellione, in devianza.
Non giustifico, ma cerco di capire. Forse, dietro certe azioni criminali, si cela il disagio di giovani che si sentono esclusi, abbandonati da istituzioni percepite come lontane, chiuse in una casta che non li vede né li ascolta.
E allora dico: è ora di cambiare rotta

Le istituzioni devono tornare a essere casa, non fortezza. Devono generare partecipazione, condivisione, interesse reale. E ora che si avvicina il nuovo anno scolastico, dobbiamo immaginare e costruire spazi di coinvolgimento vero per i giovani: laboratori, percorsi, attività che diano senso e direzione al loro agire, che trasformino la rabbia in progetto, l’isolamento in comunità.
I giovani non sono il problema. Sono, se ascoltati e guidati, la soluzione più bella e più forte che abbiamo.
Ma devono sentirsi parte. Devono potersi specchiare in una città che li ama, li accoglie, li chiama per nome.
Solo così, Palermo potrà essere davvero la città che sogniamo: non fortezza assediata, ma casa viva e giusta per tutti.