Dopo mesi di stagnazione, l’inflazione cinese torna a salire, seppur timidamente. Secondo i dati diffusi dal National Bureau of Statistics, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è aumentato dello 0,1% su base annua nel mese di giugno, battendo le aspettative degli analisti che prevedevano un ulteriore calo. Si tratta del primo segnale positivo da gennaio, ma gli esperti invitano alla cautela: la pressione deflazionistica resta forte. Il dato mensile, infatti, mostra un calo dello 0,1% rispetto a maggio, segno che la domanda interna continua a essere debole. A sostenere la lieve ripresa sono stati sussidi governativi e campagne promozionali nel commercio elettronico, che hanno stimolato marginalmente la spesa dei consumatori. Tuttavia, il quadro generale rimane fragile: i prezzi alla produzione (PPI) sono scesi del 3,6% su base annua, il peggior dato da due anni. La contrazione del PPI, in atto da 33 mesi consecutivi, riflette una concorrenza interna sempre più aggressiva e una domanda industriale in calo. Il presidente Xi Jinping ha recentemente criticato le “guerre dei prezzi” tra imprese, promettendo interventi normativi per frenare la spirale deflazionistica. Gli analisti ritengono che l’effetto degli incentivi pubblici potrebbe esaurirsi nella seconda metà dell’anno, a meno di un intervento fiscale più deciso. “Senza stimoli strutturali, la Cina rischia di restare intrappolata in una deflazione prolungata,” ha dichiarato Larry Hu, capo economista per la Cina di Macquarie. Intanto, Pechino osserva con attenzione le tensioni commerciali globali, mentre le esportazioni verso il Sud-est asiatico continuano a compensare il calo verso gli Stati Uniti. Ma per uscire dalla stagnazione, servirà più di un +0,1%.