Renzi abbaia, ma non morde. Così hanno titolato tutti i giornali commentando la posizione ondivaga del capo di Iv, a proposito del sorprendente e incoerente no alla sfiducia nei confronti del ministro Bonafede.
Strategia, furbizia? C’è di più. Innanzitutto, abbiamo imparato che lo storico e ormai datato duello tra “giustizialisti” e “garantisti” è incompleto, superato. Renzi, nel suo appassionato intervento marketing in Senato, ha aggiunto il termine “buonisti”. Cioè, si può essere per la giustizia, ma non ultra garantisti, come sono i berluscones, oppure non giustizialisti, come sono i grillini e i leghisti, ma “buonisti”:della serie, i cattivi, i mafiosi condannati all’ergastolo in via definitiva, devono essere curati, messi nelle condizioni di vivere al meglio la loro detenzione, ma non devono uscire dal carcere, dando un pessimo segnale istituzionale.
E poi, la questione è molto semplice. E attiene al momento che sta vivendo il neo-partito di Renzi. In crisi di consensi, i sondaggi lo danno in diminuzione, e in perenne attesa di occupare quell’area centrista, al momento troppo inflazionata, da mille propositi personali senza voti: Berlusconi, con la sua iniziativa L’Altra Italia, Calenda col suo movimento, appunto Renzi, e il cosiddetto partito cattolico, il progetto onirico di Conte, accarezzato e appoggiato da una parte della Cei.
E allora, quando si è in difetto di consensi, ci si muove, ci si smarca, ci si distingue per dimostrare di esistere. E si tiene per la giacchetta il governo (Italia viva di lotta e di governo). Conte è stufo dei ricatti, ma Renzi in qualsiasi caso, ha vinto perdendo.
E’ questo infatti, l’esito della sua scelta sul caso-Bonafede, giudicato come un tradimento poltronista dai protagonisti delle due mozioni di sfiducia, il centro-destra e la Bonino.
Ha vinto perché lo stillicidio interno, l’essere spina nel fianco, della maggioranza, alla fine paga.L’essere il custode di quei numeri in grado di far cadere il governo, offre indubbiamente un’importante rendita di posizione.
Tanto prima o poi, l’esecutivo cadrà, è solo questione di mesi. E nel frattempo Iv diventa sempre più un interlocutore ben oltre le urne che ancora non ha sperimentato: nomine, rimpasto, condizionamenti politici sulle scelte di Palazzo Chigi (le tasse, l’economia etc).
Cosa ha spinto la Boschi ad andare da Conte prima del voto e poi diventare per magia una sua fan? Sarà il prossimo ministro della Giustizia?
I ben informati parlano anche di Marattin, nuovo presidente della Commissione Bilancio e di Migliore nuovo sottosegretario alla Giustizia.
Vero, falso? Verosimile. E’ ovvio che la squadra di governo andrà rinnovata. Da un lato, c’è l’egemonia del Pd che pur non avendo i numeri, si comporta da padrone delle ferriere; dall’altro, la putrefazione del Movimento, che anche sulla giustizia ha dimostrato la propria demagogica inconsistenza.
Una cosa è certa, Bonafede ha i giorni contati. Gli stessi dem hanno detto che sulla Giustizia, e relative riforme, ci dovrà essere un cambio radicale. Fino a quando i pentastellati lo difenderanno?
E Conte ha capito perfettamente che questa posizione nasconde disegni molto più pericolosi per lui. E’ un avvertimento, neanche tanto sommesso.
E’ partito il conto alla rovescia?
(Lo_Speciale)