Con un voto atteso e discusso, l’Assemblea Nazionale del Vietnam ha approvato il 25 giugno una riforma del codice penale che elimina la pena di morte per otto reati, tra cui l’appropriazione indebita, segnando una svolta significativa nella giustizia del Paese. La misura sostituisce la condanna capitale con l’ergastolo e si applicherà anche retroattivamente alle sentenze già emesse. La decisione ha un impatto immediato sul caso di Truong My Lan, imprenditrice tra le più ricche del Vietnam, condannata ad aprile 2024 alla pena capitale per aver sottratto l’equivalente di 11,7 miliardi di euro a una banca. Il suo processo, molto seguito dall’opinione pubblica, era stato presentato dal governo come simbolo della lotta alla corruzione, ma aveva sollevato critiche internazionali per la severità della pena. Oltre all’appropriazione indebita, la riforma riguarda reati come danneggiamento del patrimonio statale, produzione di medicinali non autorizzati, spionaggio, possesso di stupefacenti e attività sovversive. Restano invece punibili con la morte crimini come omicidio, terrorismo, pedofilia e traffico di droga. Secondo l’ONG Advocates for Human Rights, il Vietnam esegue centinaia di condanne capitali ogni anno, tutte tramite iniezione letale, ma non pubblica dati ufficiali. La riforma è vista come un passo verso l’allineamento agli standard internazionali sui diritti umani, anche in vista di futuri accordi commerciali con l’Unione Europea. Il governo ha definito la misura “un segnale di maturità giuridica”, mentre i critici sottolineano che la lotta alla corruzione deve proseguire con strumenti più trasparenti e proporzionati. Intanto, per molti condannati, si apre ora una nuova prospettiva: la vita al posto della morte.