giovedì, 26 Giugno, 2025
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Attualità

La Nato sigla “un’intesa monumentale”: Trump esalta il 5% del Pil per sicurezza e difesa

Ma il Tycoon minaccia la Spagna che tiene il punto. Meloni al vertice all’Aja: “Impegni sostenibili per la difesa italiana, no alla clausola Ue. Priorità al cessate il fuoco a Gaza e alla tregua in Ucraina”

Dunque, senza alcun colpo di scena, si è chiuso ieri all’Aja il Vertice Nato che resterà nella storia dell’Alleanza atlantica per l’ambizioso impegno assunto: portare al 5% del Pil le spese complessive in difesa e sicurezza entro il 2035. Come anticipato, niente di nuovo tutto sommato sotto il sole perché a questa notizia mancava solamente l’ufficialità dato che oramai da giorni circolava questa voce di cui il Presidente statunitense Donald Trump è stato in pratica il grande (e diciamo unico) fautore. Bando alle ciance e conti alla mano, si tratta comunque di un traguardo che va oltre le precedenti linee guida (fissate al 2 %) e che mira a rafforzare l’unità di fronte alle “profonde minacce e sfide per la sicurezza”. Il numero uno americano ha definito l’intesa come “una vittoria monumentale”, spiegando che quando gli alleati raggiungeranno tale soglia “aggiungeranno oltre un trilione di dollari all’anno alla nostra difesa comune”. Un’annotazione non casuale, quella di Trump, che ha voluto far presente agli astanti come, fino a oggi, gli Stati Uniti abbiano contribuito in misura “più che proporzionale” rispetto agli altri partner, generando un “disequilibrio” al quale l’accordo di oggi pone rimedio. Ma il Tyccon ha anche colto l’occasione per un duro richiamo alla Spagna, unica nazione ancora ferma al 2 % del Pil: “Madrid è l’unico Paese che non vuole pagare di più… e per questo, nel prossimo accordo commerciale, si ritroverà dazi doppi”, ha avvertito Trump. Una minaccia? La si può leggere tranquillamente così e nessuno si scandalizzerebbe.

Madrid, dal canto suo, per voce del Premier Pedro Sánchez, ha ribadito di potersi fermare al 2,1% del Pil, percentuale che garantirebbe un adeguato mix tra investimenti nella difesa e risorse destinate a welfare e altre priorità interne. Una posizione che ha messo in dubbio la piena adesione della Spagna all’obiettivo 2035, dato che l’unanimità è condizione imprescindibile per modificare il Patto del Nord Atlantico. Nonostante le rassicurazioni di Jens Stoltenberg, Segretario generale della Nato, sul fatto che «non ci saranno eccezioni per nessuno» e che ciascun alleato troverà “la propria strada per raggiungere l’obiettivo”, resta forte lo stallo sul dossier iberico.

Le percentuali spiegate

Nel dettaglio, il 5 % del Pil concordato è così articolato: 3,5% destinato a spese militari classiche (acquisto di sistemi d’arma, personale, operazioni e manutenzione); 1,5% riservato alla protezione delle infrastrutture critiche, alla difesa delle reti informatiche, alla preparazione e resilienza civile, nonché al sostegno all’innovazione e al rafforzamento dell’industria della difesa. È inoltre previsto un meccanismo di revisione intermedia entro il 2029, per monitorare i progressi e adeguare gli impegni. Nel frattempo resta confermato l’appoggio all’Ucraina, pur senza aprire ufficialmente la porta all’adesione di Kiev all’Alleanza.

Il summit all’Aia passerà alla storia non solo per i numeri, ma anche per le schermaglie verbali che hanno animato la conferenza stampa. Oltre all’affondo di Trump contro Madrid, è spiccato il siparietto con il Premier olandese Mark Rutte, che ha definito “paparino” il presidente Usa, suscitando la reazione divertita di Trump: “Credo di piacergli… se così non fosse, tornerò e lo picchierò duramente”. Una battuta, ovviamente.

L’asse Italia-Spagna nell’occhio del ciclone

Tra i protagonisti del vertice, Giorgia Meloni ha voluto distinguersi sia per la compattezza del suo discorso sull’impegno italiano, sia per la risposta alle critiche interne. Alla domanda sull’eventuale applicazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità Ue già nel 2026, il Presidente del Consiglio ha tagliato corto: “Non riteniamo necessario ricorrere a questa ‘escape clause’ per finanziare i nostri impegni di difesa. Abbiamo già fatto i conti e l’Italia può sostenere gradualmente l’aumento fino al 5% senza sacrificare le altre priorità”. Alla domanda sull’invito dell’opposizione a “fare come la Spagna”, Meloni ha ricordato che “Madrid ha semplicemente fatto come l’Italia”, ovvero ha mantenuto un profilo di spesa intorno al 2% fino a oggi.

Pur criticando la possibile misura dei dazi raddoppiati ventilata da Trump, Meloni ha indicato come un’eventuale tariffa al 10 % sulle importazioni Usa non sarebbe “preoccupante” per l’economia italiana. Una cifra che, per il Primo Ministro, “non metterebbe a repentaglio né la competitività delle nostre imprese, né il potere d’acquisto dei consumatori”.

Priorità umanitarie

Il nodo Gaza è stato al centro delle dichiarazioni post-summit di Meloni: “L’Italia è impegnatissima per il cessate il fuoco. Oggi (ieri, ndr) questo vertice conferma che tutti riconoscono la necessità di fermare le ostilità a Gaza; è il momento di fare ogni sforzo diplomatico per ottenerlo”. Sul fronte ucraino, la presenza di Volodymyr Zelensky, con cui Meloni ha avuto un incontro bilaterale, è stata interpretata come un segnale forte di sostegno politico e militare all’Ucraina: “Il messaggio è chiaro: nessun alleato verrà lasciato solo, né oggi né in futuro”.

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