Il conflitto tra Iran e Israele ha raggiunto un nuovo picco di tensione nella giornata di ieri, con un’escalation che coinvolge sempre più anche le grandi potenze mondiali. A poche ore da un nuovo round di colloqui sul programma nucleare iraniano, Israele ha colpito per due volte consecutive il sito di Isfahan, uno dei principali centri per l’arricchimento dell’uranio. La reazione iraniana non si è fatta attendere. Ali Larijani, consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei, ha accusato il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica Rafael Grossi di aver contribuito all’attacco israeliano con dichiarazioni ambigue, promettendo che “la pagherà” una volta terminata la guerra. L’ambasciatore iraniano all’ONU ha presentato una protesta formale, denunciando la mancanza di imparzialità da parte dell’Aiea. In parallelo, l’Iran ha subito la perdita di tre alti funzionari militari. L’eliminazione più rilevante è quella di Saeed Izadi, comandante della divisione palestinese della Forza Quds, ucciso in un attacco mirato a Qom. Secondo il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, Izadi avrebbe finanziato con 500 milioni di dollari il massacro del 7 ottobre 2023. Nello stesso contesto, sono stati uccisi anche il comandante Shahriari, coinvolto nel trasferimento di armi a Hezbollah in Libano, e il capo dell’Unità droni iraniana. A rendere ancora più delicato lo scenario, il New York Times ha rivelato che Khamenei avrebbe già nominato tre possibili successori in caso di morte. Nel frattempo, la crisi ha riaperto il dibattito sul nucleare. Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che “l’Iran ha diritto ad avere il nucleare per scopi civili”. Ma intanto gli Stati Uniti avrebbero trasferito una “superbomba” in una base europea, secondo indiscrezioni militari. Tulsi Gabbard, a capo dell’intelligence Usa sotto l’amministrazione Trump, ha confermato che Teheran potrebbe produrre un’arma nucleare “in poche settimane o mesi”, qualora decidesse di farlo. Trump ha ribadito che questo scenario “non può essere tollerato”.
Amnesty denuncia torture, Unicef: “73 donne e bambini uccisi”
Amnesty International denuncia decine di arresti per presunti legami con Israele. Dopo l’attacco israeliano del 13 giugno, il potere giudiziario iraniano ha ordinato processi rapidi e pene esemplari. Il 16 giugno è stato giustiziato Esmail Fekri, mentre almeno otto persone sono attualmente nel braccio della morte. Tra questi, lo scienziato Ahmadreza Djalali, con cittadinanza svedese e legami accademici in Italia, arrestato nel 2016 e condannato per “corruzione sulla terra”. Il parlamento iraniano ha approvato una mozione che semplifica l’applicazione automatica della pena capitale per i reati di spionaggio o collaborazione con governi ostili, come Israele e Stati Uniti. Amnesty denuncia che queste condanne avvengono spesso senza prove e con confessioni estorte sotto tortura. A lanciare l’allarme è anche l’Unicef. Negli ultimi sei giorni, almeno 73 donne e bambini sarebbero morti in attacchi aerei che hanno colpito 18 province iraniane. Solo il 13 giugno, un raid su un edificio residenziale a Teheran ha causato la morte di 20 bambini. L’agenzia delle Nazioni Unite sottolinea i gravi effetti psicologici sui minori e chiede alle parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario.
Erdogan: “Netanyahu come Hitler”. Ue: violazioni diritti a Gaza
Dura la reazione della Turchia. Intervenendo al vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, il presidente Erdogan ha paragonato Gaza ai lager nazisti e Netanyahu a Hitler, denunciando una strategia di sterminio quotidiano a danno della popolazione civile. Erdogan ha invocato misure diplomatiche e sanzioni da parte del mondo musulmano. Un rapporto della delegazione per i diritti umani guidata da Kaja Kallas evidenzia sei gravi violazioni da parte di Israele nella Striscia di Gaza: blocco degli aiuti umanitari, bombardamenti su ospedali, sfollamenti forzati, uccisioni di civili e giornalisti. Altre due violazioni, riguardanti gli insediamenti illegali e le detenzioni arbitrarie, sono state registrate in Cisgiordania. Il rapporto sarà discusso lunedì dai ministri degli Esteri dell’UE e potrebbe avere ripercussioni sulle relazioni con Tel Aviv.
Mamma e bimbo di Parma fuori dall’Iran
Intanto, sul piano umano, arriva una notizia positiva. Dopo giorni di apprensione, sono in salvo la giovane architetta iraniana residente a Parma e suo figlio di 18 mesi, che si trovavano in Iran per far visita ai nonni. Dopo un lungo viaggio verso il confine con l’Azerbaigian, sono arrivati a Baku, dove hanno potuto imbarcarsi per l’Italia. Il compagno della donna, il ginecologo parmigiano Salvatore Politi, aveva lanciato l’allarme. Adesso potrà finalmente riabbracciarli, come annunciato con sollievo dal sindaco di Parma.