Dopo oltre 160 anni, il Parlamento britannico ha compiuto un passo storico: con una maggioranza trasversale, i deputati hanno votato a favore della depenalizzazione dell’aborto per le donne in Inghilterra e Galles. La decisione modifica radicalmente l’impianto normativo ancora ancorato al Offences Against the Person Act del 1861, che prevedeva pene fino all’ergastolo per chi interrompeva la gravidanza al di fuori dei limiti previsti dalla legge del 1967. L’emendamento, presentato dalla laburista Diana Johnson, mira a eliminare il reato penale per le donne che abortiscono, pur mantenendo in vigore i criteri clinici e i limiti temporali già esistenti. “Non si tratta di liberalizzare l’aborto, ma di smettere di trattare le donne come criminali,” ha dichiarato Johnson durante il dibattito alla Camera dei Comuni. La proposta ha ricevuto il sostegno anche di alcuni esponenti conservatori, tra cui la ministra della Sanità Victoria Atkins, che ha definito la riforma “un atto di giustizia e buon senso”. Il voto arriva dopo anni di pressioni da parte di attivisti, medici e giuristi, e in seguito a casi giudiziari controversi che hanno visto donne perseguite penalmente per aver superato il limite legale delle 24 settimane. Secondo i dati del Dipartimento della Salute, nel 2022 si è registrato un record di oltre 250.000 aborti in Inghilterra e Galles, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. La maggior parte è avvenuta entro le prime 10 settimane, spesso tramite farmaci assunti a casa dopo consulto medico online. La riforma non modifica i criteri clinici per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, ma elimina la possibilità che le donne vengano arrestate o incriminate. Resta invece in vigore l’obbligo di autorizzazione da parte di due medici. La decisione del Parlamento è destinata a riaccendere il dibattito etico e politico nel Regno Unito, ma segna un punto di svolta nella tutela dei diritti riproduttivi.
