Questo monumento insigne del genio umano riempie di gioia, entusiasmo e passione, lo spirito del visitatore, specialmente qualora non sia preparato alla profonda emozione che nasce dalla sua contemplazione.
Seguitiamo a dar conto degli splendori culturali italiani, col proposito di condensare in poche righe un soggetto per il quale sono stati versati fiumi d’inchiostro, e dolendoci di non poter rendere appieno in poche parole l’emozione che darà allo spirito godere di un simile capolavoro.
Decorata da Giotto tra il 1303 ed il 1305, nella pienezza della sua maturità artistica e reduce dall’impegnativo lavoro di rappresentare la vita di San Francesco nella Basilica Superiore di Assisi, la Cappella è di dimensioni molto ridotte rispetto al Tempio di Assisi (m 29,88 x 8,41, h. 12,65).
Mostra l’eccellenza della pittura giottesca, con evidente evoluzione rispetto ai modelli medievali e bizantini, nonché l’apertura al futuro: la pittura che germoglierà e si perfezionerà nel 1300 e 1400.
Negli affreschi vengono esaltati i colori vividi: si pensi al cielo stellato dipinto di un azzurro splendente; vi si rappresenta il movimento, la dinamicità espressiva delle vicende del racconto biblico; si evidenzia la maestria nell’illustrare visi e posture dei personaggi – dai quali si evincono sentimenti ed emozioni – ed infine compare l’idea della prospettiva, che sarà poi sviluppata in seguito secondo regole e canoni matematici.
L’opera fu voluta dal ricco banchiere padovano Enrico degli Scrovegni che, attraverso la magnificenza dell’opera, volle nobilitare la figura del padre Rinaldo (arricchito prestando denaro e citato da Dante nell’inferno) con l’esaltazione della importanza della propria famiglia e quindi promuovendo sé stesso a livello politico nella Padova dell’epoca.
Difatti nella parte destra del ‘giudizio universale’ sulla parete opposta all’altare è raffigurato Enrico nel gesto di offrire alla Madonna il monumento, simboleggiato in miniatura. La sua figura umana è ben evidenziata e delle stesse proporzioni delle rappresentazioni divine, quasi a volersi mettere in evidenza e valorizzare il suo gesto per ottenere l’indulgenza delle figure celesti e dei visitatori.
La Cappella, intitolata alla Vergine Annunciata, fu eretta nell’area dell’antica arena romana, e già all’epoca fu meta di pellegrinaggio.
Accanto vi era un imponente palazzo di famiglia che negli anni venti del diciannovesimo secolo fu demolito per consentire la vendita dei materiali preziosi coi quali era stato costruito.
Per la saggezza dei pubblici amministratori si riuscì a preservare l’intero Tempio con la acquisizione del bene al patrimonio del Comune di Padova poiché la Cappella fu riconosciuta come luogo destinato all’uso pubblico fin dalla sua edificazione.
Nella Cappella sono presenti anche opere scultoree eseguite da Giovanni Pisano, Madonna col Bambino fra due Angeli reggicandelabro, il quale vi lavorò mentre il Maestro eseguiva l’affresco. Anche nelle figure scultoree si rinvengono sentimento ed innovazione soprattutto nello sguardo che la Madonna rivolge al Bambino e nella loro complessiva eleganza classica.
Attraverso la rappresentazione dei vizi e delle virtù alla base degli affreschi che descrivono il racconto biblico, Giotto dipinse delle statue che, secondo una simbologia esoterica, rappresentano l’elenco delle virtù e dei vizi.
Sembrerebbe dunque svolgersi in uno spirito cavalleresco una ‘singolar tenzone’ tra Giotto e Pisano, attraverso la rappresentazione pittorica di statue. Le sette virtù sono collocate alla destra guardando il giudizio universale, dalla parte del dipinto che illustra il paradiso, (dove, come detto, primeggia la figura di Enrico Scrovegni), sono – lo ricordiamo – fede, speranza e carità (virtù teologali) e prudenza, giustizia, fortezza e temperanza (virtù cardinali). Alla sinistra, con pari simbologia esoterica, sono rappresentati i sette vizi: superbia, avarizia, ira, invidia, lussuria, gola ed accidia.
Non vogliamo occuparci dei vizi, troppe volte riscontrati in concreto nelle azioni degli uomini; fra le virtù vogliamo notare la ‘prudenza’ intesa come ‘atteggiamento, improntato a saggezza e previdenza, atto a fornire una garanzia contro l’eventualità di pericoli e di danni’. Giotto la materializza come una donna seduta ad uno scrittoio che guarda lo specchio per scorgere ciò che accade alle sue spalle; nella mano destra ha il compasso, simbolo di precisione e ponderazione; davanti a sé ha il libro della storia, da cui ricevere insegnamenti volti ad ispirare la condotta della vita.
Per ultimo osserviamo l’intero ciclo di affreschi che hanno reso l’opera immortale.
Attraverso la descrizione degli episodi biblici Giotto esemplifica in modo grafico il racconto che molti fedeli illetterati non avrebbero saputo leggere direttamente.
Potremmo definire i singoli riquadri come una serie di fotogrammi delle vicende narrate nel Libro Sacro, a partire dall’annunciazione: un Angelo entra dalla finestra nella casa di Anna e le preannuncia la nascita di Maria; fino al tradimento di Giuda in cui anche i lineamenti di quest’ultimo sono rappresentati in forma, potremmo dire ‘lombrosiana’, facendo corrispondere alla gravità del gesto la bruttezza della figura dell’apostolo infedele.
Vi sono poi i cori, nei quali compare l’idea della prospettiva e, dal confronto dei due cori vuoti, la differenza della tonalità della luce, rivoluzionaria per il tempo.
V’è moltissimo altro ancora nel monumento, parte del sito Unesco ‘Padova urbs picta’ inserito nella ‘world Heritage list’ del 2021, che non trova facile raccolta e sintesi nella esposizione giocoforza sintetica pubblicata su un giornale.
In Giappone l’Otsuka Museum of art, in omaggio a questa grandiosità dell’arte umana, ha riprodotto a grandezza naturale gli affreschi, per offrire a tutti i visitatori (meno fortunati di chi può ammirarli dal vivo), la possibilità di godere della bellezza di questo eccellente e straordinario prodotto dell’ingegno umano in occidente.
L’augurio, e ci piace pensarlo, è che tanto etereo e poderoso ingegno possa essere di ispirazione per progettare ponti di dialogo e comunicazione tra popoli diversi.