venerdì, 13 Giugno, 2025
Ambiente

Salvestrini: “Serve rigore, non scorciatoie. Il Made Green in Italy è la svolta”

Dal convegno PolieCo e dalle parole del Direttore Generale del Consorzio richieste chiare: vantaggi per le imprese virtuose, certificazioni trasparenti e norme sulla tracciabilità da rafforzare

In un momento in cui la sostenibilità ambientale non è più solo un obiettivo, ma una necessità strategica per la competitività industriale, il convegno promosso da PolieCo (Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti in bene in polietilene) ieri a Roma ha segnato un passaggio cruciale per il futuro del comparto del polietilene. Alla Sala Cristallo dell’Hotel Nazionale, a pochi passi da Montecitorio, imprese, istituzioni e tecnici si sono ritrovati per discutere le potenzialità dello schema Made Green in Italy, lo strumento di certificazione ambientale istituito dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e rivolto ai produttori italiani. Titolo dell’incontro: ‘Lo schema nazionale Made Green in Italy: un’opportunità per le imprese produttrici dei beni in polietilene’.

Il cuore del dibattito si è concentrato sull’esigenza di fornire alle imprese italiane uno strumento di certificazione ambientale autorevole, trasparente e riconosciuto a livello europeo. Proprio il Made Green in Italy, istituito dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, risponde a queste caratteristiche, offrendo alle imprese una chiave per affrontare le nuove sfide del mercato globale.

“Serve un confronto diretto”

A dare il benvenuto, il Presidente di PolieCo Enrico Bobbio, che ha subito chiarito il senso dell’iniziativa: “Il sistema del riciclo è sotto pressione a livello normativo, internazionale e industriale. La normativa non segue più il mercato, e oggi serve un confronto diretto per capire insieme come affrontare questa fase di transizione”. Bobbio ha lanciato un appello: “Dobbiamo difendere le imprese sane dalla concorrenza sleale e dai sistemi opachi. E per farlo occorre una regolazione chiara e controlli efficaci”.Claudia Salvestrini, Direttore Generale di PolieCo, ha avuto un ruolo centrale nella giornata: le sue parole hanno rappresentato un manifesto di impegno e di battaglia culturale. “Questo primo evento vede finalmente la luce. Molte delle nostre aziende sono già certificate: ci abbiamo creduto prima di tutto noi come Consorzio, con convinzione e determinazione, nonostante gli ostacoli. PolieCo crede profondamente in una certificazione super partes, perché vogliamo che le imprese si misurino con criteri seri, tecnici e verificabili”. Salvestrini non nasconde la difficoltà di promuovere uno schema così impegnativo: “Siamo in Italia, non a Oslo. Qui la cultura del controllo indipendente è vista ancora con diffidenza. Ma è proprio per questo che serve un sistema come il Made Green in Italy: perché obbliga le aziende a dimostrare responsabilità industriale e comportamentale”.

Salvestrini ha denunciato la marginalità con cui lo schema viene ancora trattato: “Il Ministero deve crederci davvero. Non è accettabile che il Made Green in Italy sia equiparato a certificazioni private, spesso autoreferenziali”.

Trasparenza necessaria

Tra le criticità emerse, anche l’assenza di premialità concrete nei bandi pubblici per le imprese certificate: “Chiediamo che chi investe nel Made Green in Italy abbia vantaggi fiscali e riconoscimenti nei CAM. Altrimenti, è difficile far decollare lo schema”. Il Direttore ha anche rilanciato l’importanza della 231 per le imprese e della tracciabilità, sottolineando come la trasparenza nei processi sia oggi più che mai una necessità competitiva.

Salvestrini ha poi voluto anche sfatare il mito della ‘plastica cattiva’: “La demonizzazione della plastica è una leggenda. Il vero problema è l’abitudine sbagliata a gettarla ovunque, non il materiale in sé. Serve cambiare mentalità, e la certificazione è una straordinaria occasione per farlo. Impone investimenti, comporta rigore, ma restituisce valore industriale e reputazione ambientale”. Tra i passaggi più incisivi del suo intervento, anche un richiamo alla tracciabilità: “Parliamo da decenni di tracciabilità, ma è ancora un miraggio. In Italia si perde traccia del rifiuto subito dopo la sua generazione, e questo vale anche per gli speciali. Finché non avremo una norma chiara sull’obbligo di tracciabilità, il sistema resterà vulnerabile a traffici illeciti e mala gestione”.

Appellandosi infine alle istituzioni, Salvestrini ha chiesto al governo meno burocrazia e più controlli seri: “Vorremmo meno leggi, più chiare e stabili. Ma soprattutto vorremmo un cambio di passo sulla tracciabilità. Senza quel tassello, ogni strategia ambientale resta zoppa”.

Altri interventi

Numerosi anche gli interventi istituzionali. Il Viceministro all’Ambiente e alla Sicurezza Energetica Vannia Gava, intervenuta in collegamento, ha espresso parole di grande sostegno: “Grazie a PolieCo per lo straordinario lavoro. Il Made Green in Italy è uno strumento che rafforza la competitività delle imprese italiane e valorizza ogni fase del ciclo di vita dei materiali. Serve premialità, anche fiscale, per le aziende che si certificano. Dobbiamo accompagnarle in questo percorso, non lasciarle sole”. Gava ha riconosciuto il valore dello strumento: “Oggi le imprese sono chiamate a trasformare la sostenibilità da obbligo a leva strategica. Il Made Green in Italy è un’opportunità concreta per migliorare le performance ambientali e rafforzare la competitività del Made in Italy”. Ha quindi promesso l’impegno del governo per sostenere l’allargamento dello schema e migliorare la coerenza dei CAM, i Criteri Ambientali Minimi.

Matteo Malorgio, rappresentante del Ministero dell’Ambiente, ha illustrato il funzionamento del sistema: “Lo schema è volontario, ma scientificamente solido. Si basa sulla metodologia europea PEF (Product Environmental Footprint, è una metodologia di valutazione del ciclo di vita) ed è unico nel coniugare l’eccellenza produttiva italiana con parametri ambientali misurabili e rigorosi”. Ha poi ricordato che, dopo un avvio lento e condizionato dalla pandemia, è stato pubblicato il primo bando nel 2025 per e accompagnare le imprese verso la certificazione.

Molto apprezzato l’intervento di Consuelo Del Balzo, Consigliere dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, che ha messo in luce il legame tra qualità, trasparenza e sostenibilità negli appalti pubblici. “Troppe volte vediamo gare che si dichiarano green solo sulla carta. Servono competenze reali nelle amministrazioni per verificare l’effettivo rispetto degli impegni assunti in fase di gara”.

Imprese più competitive

Ecco poi il contributo tecnico di Alessandro Manzardo (Università di Padova – Spinlife) che ha evidenziato la necessità di formare le stazioni appaltanti sui criteri ambientali e di stimolare la domanda di prodotti certificati: “Le imprese devono essere più competitive attraverso la sostenibilità reale, misurata sul ciclo di vita del prodotto e certificata da enti autorevoli. Il rischio è il burden shift, cioè spostare l’impatto ambientale da una fase all’altra del processo produttivo. Solo un approccio sistemico può evitarlo. Non basta certificare. Occorre accompagnare le aziende, formare le stazioni appaltanti, garantire una filiera trasparente e tracciabile. Solo così il Made Green in Italy può diventare standard”.

Al convegno, tra gli altri, hanno preso parte Cristina Peretti del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che ha spiegato cosa sono i CAM, Bernardo Piccioli (Policy officersettore ambiente Utilitalia), Caterina Navach (Dirigente Area II – Ambienter, Ecologia, Rifiuti, parco Regionale Fiume Ofanto), Marco Michelotti (Responsabile Ricerca e Sviluppo Idrotherm2000 Spa), Piero Cena (Pg Plast Srl), Andrea Romeo (Direttore Commerciale Centraltubi Spa) e Gennaro Parente (Coordinatore tecnico commerciale Centraltubi Spa). Moderatore, il giornalista Alberto Piastrellini.

Il convegno si è chiuso con un appello corale: rendere lo schema Made Green in Italy un riferimento stabile per la politica industriale, sostenendo le imprese virtuose e costruendo filiere trasparenti, tracciabili e all’altezza delle sfide ambientali globali.

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