
A margine degli ‘Stati generali dei commercialisti 2025’, ieri Giorgia Meloni ha scelto una delle platee più tecniche in materia fiscale per rilanciare un messaggio tanto chiaro quanto ambizioso: “Il fisco non deve opprimere. Il ceto medio avverte di più il peso delle tasse. L’obiettivo è tagliarle”. Parole che sono risuonate come un impegno non solo politico, ma anche morale, ma che inevitabilmente riaccendono il dibattito sulle reali priorità del governo e sulle promesse fatte (e per molti disattese) negli ultimi anni. “Intendiamo concentrarci oggi sul ceto medio, che rappresenta la struttura portante del sistema produttivo italiano e spesso è quello che avverte di più il peso del carico tributario”, ha detto il Premier “e vogliamo rendere il sistema più equo e più incentivante per chi produce reddito e contribuisce allo sviluppo della nazione”.
Il Presidente del Consiglio ha voluto sottolineare che, sebbene sia stata avviata la riforma dell’Irpef con il passaggio da quattro a tre aliquote, “il lavoro non è finito”. Al contrario, il percorso verso una fiscalità più leggera è appena cominciato. Il riferimento diretto è a una delle riforme più discusse e attese: il taglio dell’aliquota al 33% per i redditi fino a 60.000 euro, misura rivendicata anche da Forza Italia e salutata dal suo responsabile economico Maurizio Casasco come “una svolta epocale”. Secondo Casasco, tale intervento varrebbe 1.440 euro netti in più all’anno per lavoratore, “una boccata d’ossigeno dopo decenni di oblio da parte della sinistra”.
Giorgetti frena

Ma l’entusiasmo del Primo Ministro si è scontrato con il realismo (o la prudenza) del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che, a sorpresa, ha evitato di intervenire pubblicamente all’evento, limitandosi a un laconico commento ai giornalisti: “Per la riduzione dell’Irpef c’è ancora tempo, abbiamo due anni e mezzo di legislatura”. Insomma, un freno, il suo. In questo scenario si è inserito anche Il vicepremier Matteo Salvini, che ha rivendicato la necessità di una nuova “pace fiscale” come priorità assoluta della Lega: “Una rottamazione di milioni di cartelle esattoriali è un’emergenza. Sta bloccando l’economia”, le sue parole. La proposta, già avanzata in varie forme durante la scorsa legislatura, punta a cancellare vecchi debiti tributari ritenuti “inesigibili” e dare respiro a famiglie e imprese. Ma viene anche letta dai critici come l’ennesima sanatoria che rischia di premiare i furbi e disincentivare la fedeltà fiscale.
Le critiche
L’opposizione ha colto la palla al balzo per smontare l’annuncio del Primo Ministro: “Meloni lancia slogan sul taglio delle tasse dopo quasi tre anni di nulla”, ha commentato il leader del M5S Giuseppe Conte. “Le tasse le hanno tagliate solo alle banche, a cui hanno risparmiato una tassa sugli extraprofitti. Per gli altri aumentano”. Il Movimento 5 Stelle ha attaccato anche il fallimento del concordato preventivo fiscale, presentato dal governo come un pilastro della riforma per semplificare la vita agli autonomi e recuperare gettito. I numeri parlano chiaro: solo il 13% degli interessati ha aderito: “Il ceto medio coccolato in campagna elettorale ha preso uno schiaffone”, è la sintesi amara dei parlamentari M5S.
Non meno dura Maria Elena Boschi (Italia viva), che ha accusato il Premier di “raccontare un Paese che non esiste. La pressione fiscale è aumentata, i salari non bastano e il potere d’acquisto è in caduta libera. Dopo tre anni di governo, il tempo delle scuse è finito”.
I numeri che contano
Le critiche si fondano anche sui dati ufficiali. Secondo l’Istat, la pressione fiscale in Italia ha toccato il 43,4% nel 2024, un livello che contraddice le promesse di ‘fisco leggero’. Non solo: la povertà assoluta coinvolge oggi 5,7 milioni di persone. E il cosiddetto ‘ceto medio’, già schiacciato dal caro mutui, dall’inflazione e dalla stagnazione salariale, vede ridurre progressivamente la propria capacità di spesa. Sul fronte delle imprese e delle famiglie, anche le associazioni di categoria si aspettano di più. Giorgio Spaziani Testa, Presidente di Confedilizia, chiede la rapida attuazione dell’estensione della cedolare secca agli affitti non abitativi e un primo intervento sulla “patrimoniale occulta” dell’Imu, che pesa per 22 miliardi l’anno sulle famiglie.
Sullo sfondo, l’imminente tornata elettorale alimenta il sospetto di una strategia elettoralistica. Peppe De Cristofaro (Avs) parla di “trovata propagandistica buona per tutte le stagioni”. Anche Angelo Bonelli punta il dito contro “venti condoni fiscali” approvati dal governo, accusato di favorire “i furbi” e “le lobby bancarie ed energetiche” a scapito dei contribuenti onesti.