Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, il mondo sta vivendo un calo senza precedenti nei tassi di fertilità, con impatti significativi sulla crescita demografica e sull’equilibrio economico globale. Il documento, pubblicato nel 2024, prevede che la popolazione mondiale raggiungerà il suo massimo entro 60 anni, per poi avviarsi a una lenta ma costante diminuzione. Il calo delle nascite è particolarmente marcato nei Paesi sviluppati, dove il numero medio di figli per donna è sceso sotto il livello di sostituzione di 2,1. In nazioni come Italia, Spagna, Corea del Sud e Cina, la fertilità è ormai definita “ultra bassa”, con meno di 1,4 nati vivi per donna. Questo fenomeno è attribuibile a diversi fattori, tra cui l’urbanizzazione, l’aumento del costo della vita e il cambiamento delle priorità sociali. Uno studio pubblicato su The Lancet evidenzia che entro il 2100, il 97% dei Paesi non raggiungerà tassi di fertilità sufficienti a sostenere la propria popolazione, con un declino demografico che potrebbe mettere a rischio la stabilità economica e sociale. Le previsioni indicano una diminuzione del tasso globale di fertilità, che passerà da 2,23 nascite per donna nel 2021 a 1,57 nel 2100. Mentre alcuni Paesi stanno adottando politiche per incentivare le nascite attraverso sostegni alle famiglie, altri affrontano già le conseguenze di una popolazione che invecchia rapidamente. La Cina, ad esempio, ha abolito la storica politica del figlio unico, mentre Paesi europei come Francia e Germania stanno investendo in sussidi per la maternità e congedi parentali più lunghi. Il calo della fertilità globale rappresenta una sfida complessa, che richiede soluzioni innovative per garantire un futuro sostenibile. Con il mondo che si avvicina a un nuovo equilibrio demografico, governi e istituzioni internazionali dovranno affrontare le conseguenze di questa trasformazione epocale.