“Vado a votare, ma non ritiro la scheda. È una delle opzioni”. Con queste parole, pronunciate ieri in occasione delle celebrazioni per la Festa della Repubblica, Giorgia Meloni ha scatenato un’ondata di reazioni durissime da parte delle opposizioni. Il contesto è quello del referendum dell’8 e 9 giugno, in cui i cittadini saranno chiamati a esprimersi su cinque quesiti riguardanti lavoro e cittadinanza. Le dichiarazioni del Premier sono state percepite da molti come un esplicito invito all’astensione, una strategia volta a impedire il raggiungimento del quorum necessario a rendere valida la consultazione popolare. Il Partito democratico ha reagito con fermezza. La Segretaria Elly Schlein ha accusato Meloni di “prendere in giro gli italiani” e di aver scelto la strada del boicottaggio per evitare di dichiarare apertamente la propria posizione sui quesiti referendari. “Meloni ha paura della partecipazione. Invece di invitare all’astensione nel giorno della Festa della Repubblica, avesse almeno il coraggio di votare No. Noi voteremo convintamente cinque Sì”, ha detto.
Duro anche l’intervento di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, che ha definito “vergognoso” l’invito implicito all’astensione lanciato dal Primo Ministro: “In quasi trent’anni di politica, Meloni non ha mai fatto nulla per i lavoratori. Il suo messaggio è un insulto proprio nel giorno che celebra la Repubblica e la partecipazione democratica”.
Altri commenti
Nicola Fratoianni (Avs) ha accusato Meloni di fare “una pantomima vergognosa” e ha esortato i cittadini ad andare al seggio: “Nessuno è scemo e non si fa prendere in giro. Spieghiamoglielo con una valanga di cinque Sì”. Anche il Presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, ha attaccato: “Meloni va a votare e non ritira la scheda, Salvini non va, La Russa forse. Una maggioranza che ha paura della partecipazione. Una presa in giro nel giorno della Festa della Repubblica”. Chiara Appendino (M5S) ha denunciato la strategia del Presidente del Consiglio come un atto di sabotaggio deliberato: “Per Meloni, il lavoro sfruttato, il precariato e i tre morti al giorno sul lavoro non sono un problema. L’unico problema per lei sono i cittadini che vogliono cambiare tutto questo”.
Nel fronte di governo, invece, si difende la legittimità della scelta. Il Vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi, ha ricordato come anche il Centrosinistra, in passato, abbia invitato all’astensione: “Tre anni fa boicottarono il referendum sulla giustizia. Nessuno disse nulla allora”. La Senatrice Paola Mancini (FdI) ha definito la posizione del Premier come “motivata, legittima e responsabile” e ha attaccato l’opposizione: “I referendum sono frutto di una strumentalizzazione ideologica. Con Meloni stiamo lavorando ogni giorno per dare vera dignità al lavoro e affermare una cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Anche Maurizio Lupi (Noi Moderati) ha voluto dire la sua, difendendo il diritto all’astensione e accusando le opposizioni di strumentalizzazione: “Le polemiche sull’astensione sono ipocrite. Anche autorevoli esponenti del Centrosinistra in passato hanno fatto la stessa scelta. Chi oggi attacca dovrebbe guardare in casa propria”.
Disprezzo democratico
Alessandro Zan (Pd) ha definito la posizione del Primo Ministro un insulto all’intelligenza degli italiani: “Boicottare il voto con giri di parole è disprezzo per il confronto democratico”. Riccardo Magi (Più Europa), Presidente del comitato promotore del referendum sulla cittadinanza, ha definito “agghiacciante” il comportamento di Meloni: “Nel giorno in cui si celebra la Repubblica nata da un referendum, è grave mandare messaggi confusi che invitano alla non partecipazione“. Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera, ha aggiunto: “Recarsi alle urne per non ritirare le schede è una presa in giro. Forse Meloni ha capito che l’onda per i referendum cresce e teme di rimanere sola in compagnia di Tajani, La Russa e Salvini”.
Il Viminale, intanto, ha chiarito che l’elettore che non ritira la scheda è considerato a tutti gli effetti un non votante, confermando quindi che la strategia del Premier è finalizzata a non contribuire al raggiungimento del quorum.