L’economia mondiale è entrata in acque agitate. A dirlo con fermezza, ma senza allarmismi, è Fabio Panetta, nel suo primo intervento come Governatore della Banca d’Italia in occasione delle ‘Considerazioni finali’ dell’assemblea annuale di Palazzo Koch. Facendo un breve sunto, Panetta non si è nascosto dietro le formule diplomatiche. Il primo allarme ha riguardato il commercio mondiale: “L’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nel giro di due anni”, ha detto, tenendo presente come negli Stati Uniti l’impatto stimato sia persino doppio. A pesare non sono solo i dazi in sé, ma l’incertezza sistemica che producono: un contesto di volatilità alimentato da annunci improvvisi, smentite e revisioni che impedisce previsioni affidabili e scoraggia investimenti.
Per Panetta le dispute commerciali sono solo la punta dell’iceberg. Dietro si cela una trasformazione profonda degli equilibri globali, con un mondo che si allontana sempre più dal multilateralismo per avvicinarsi a un modello multipolare fondato sui rapporti di forza. A farne le spese, avverte, potrebbero essere non solo il commercio, ma anche la stabilità monetaria internazionale, oggi ancora centrata sul dollaro.
Italia: segnali positivi
Spostando lo sguardo sull’Italia, Panetta ha riconosciuto segnali di vitalità: “Negli ultimi cinque anni, il Pil è cresciuto del 6% e gli occupati sono aumentati di un milione”, ha detto. Un progresso che ha interessato anche il Mezzogiorno, con una crescita leggermente superiore alla media nazionale. A incoraggiare è stato anche il giudizio delle agenzie di rating: il debito pubblico è tornato sotto osservazione positiva grazie a un disavanzo sceso al 3,4% del Pil e a un avanzo primario registrato per la prima volta dal 2019. Ma il governatore non si fa illusioni: “Siamo solo all’inizio. Il debito resta elevato”. E ha avvertito che nei prossimi anni la spesa pubblica subirà forti pressioni: invecchiamento demografico, transizioni digitale e green, difesa comune.
Uno dei passaggi più duri del discorso ha riguardato i salari. Panetta ha denunciato una situazione insostenibile: “I salari reali in Italia sono tornati sotto i livelli del 2000”, una fotografia impietosa che si distingue negativamente nel panorama europeo. A pesare, ancora una volta, è la produttività, che negli ultimi vent’anni ha viaggiato a ritmi troppo lenti. La ricetta? Investimenti in innovazione, capitale umano e tecnologia, e un’azione pubblica incisiva.
Energia: nodo strutturale
Altro capitolo cruciale è stato quello dell’energia. Per Panetta, la bolletta energetica italiana continua a rappresentare un freno strutturale allo sviluppo. La soluzione passa per più fonti rinnovabili, contratti a lungo termine e una semplificazione drastica delle procedure per nuovi impianti. La transizione verde, insomma, non è solo un obiettivo ambientale, ma un’esigenza competitiva. A proposito di competitività, Panetta ha dedicato ampio spazio al Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’Italia ha ricevuto finora 122 miliardi di euro e ne ha già utilizzati oltre la metà, ma i dati segnalano ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche. E ha ammonito: il pieno impatto del Pnrr si vedrà solo se gli interventi del biennio 2025-26 verranno eseguiti in modo tempestivo. In caso contrario, si rischia di perdere lo 0,5% di crescita potenziale.
Non è mancato poi un riferimento a un altro tema sistemico: il potere crescente delle grandi imprese tecnologiche. Panetta ha parlato di “rischi insidiosi”, con sette big Usa che valgono insieme oltre 15mila miliardi di dollari. Aziende che dettano le regole dell’innovazione, controllano volumi enormi di dati e mettono in discussione la pluralità dell’informazione e la concorrenza. Serve, ha detto il Governatore, una regolamentazione efficace che non soffochi l’innovazione ma garantisca trasparenza, tutela dei consumatori e parità di accesso.
Difesa comune e solidarietà europea

In un mondo più incerto, la sicurezza europea torna al centro dell’agenda. Panetta ha ribadito che la cooperazione in materia di difesa deve essere vista non come una corsa agli armamenti, ma come un investimento strategico nella stabilità. Ma ha messo in guardia contro un modello che si basi solo su fondi nazionali e prestiti: “Serve un programma unitario, finanziato con debito europeo”. Il rischio, altrimenti, è quello di ampliare le disuguaglianze tra i Paesi membri e vanificare l’efficacia della spesa. Nel passaggio più politico del suo discorso, Panetta ha spiegato che l’Unione europea è chiamata a un salto di qualità. Non basta essere un baluardo del diritto, della democrazia e degli scambi. Serve una maggiore integrazione politica, capace di tradurre il peso economico e culturale dell’Europa in influenza geopolitica: “L’agenda è nota, la strada è tracciata”.
Infine, un passaggio sul sistema bancario. A fronte di ipotesi di aggregazioni e scenari di consolidamento, il governatore ha tenuto una posizione chiara: “Il mercato decide. Bankitalia garantirà che ogni operazione avvenga nel rispetto delle regole e della stabilità”. Una neutralità vigile, che riflette l’indipendenza dell’istituzione e la volontà di non intervenire in logiche industriali.