Diciassette Paesi dell’Unione Europea hanno espresso forte preoccupazione per le nuove leggi approvate dal governo ungherese, che limitano i diritti della comunità LGBTQ+ e vietano il Budapest Pride.
La dichiarazione congiunta, promossa dai Paesi Bassi, è stata firmata da Francia, Germania, Spagna, Svezia, Finlandia, Danimarca, Belgio, Austria, Portogallo, Irlanda, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Repubblica Ceca e Slovenia. Le misure adottate tra marzo e aprile 2025 prevedono il divieto di eventi pubblici legati alla comunità LGBTQ+, l’uso del riconoscimento facciale per identificare i partecipanti e sanzioni per gli organizzatori.
I firmatari sostengono che queste restrizioni violano i principi fondamentali dell’UE, tra cui la libertà di espressione e il diritto di riunione pacifica. Il governo di Viktor Orbán ha difeso le nuove leggi, affermando che mirano a proteggere i bambini e a preservare i valori tradizionali. Tuttavia, la Commissione Europea ha avviato una nuova audizione sullo Stato di diritto in Ungheria, valutando possibili sanzioni e l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato UE, che potrebbe portare alla sospensione dei diritti di voto di Budapest.
L’assenza dell’Italia tra i firmatari ha suscitato polemiche, con critici che accusano il governo di Giorgia Meloni di mantenere una posizione ambigua verso Orbán. Nel frattempo, la comunità LGBTQ+ ungherese ha annunciato che il Budapest Pride si terrà comunque il 28 giugno, sfidando il divieto imposto dal governo. Mentre l’UE cerca una risposta unitaria, la situazione in Ungheria continua a preoccupare attivisti e organizzazioni per i diritti umani, che temono un’ulteriore erosione delle libertà civili nel paese.